Cronache

I poliziotti pagano. I no global mai

Sono 27 i condannati tra forze di polizia e carabinieri per i fatti di Bolzaneto. E i "black bloc" violenti? Impuniti

I poliziotti pagano. I no global mai

Tra loro c'è chi è stato assolto con formula piena, chi è stato prosciolto per prescrizione. C'è chi, nella bolgia fuori controllo del G8 di Genova, si adoperò per evitare gli eccessi. E c'è chi nelle carte del processo si vede dare atto di non avere mai sfiorato un solo fermato. Sono poliziotti, carabinieri, secondini, medici. A quasi diciassette anni di distanza dai giorni che misero Genova a ferro e fuoco, ventisette uomini e donne dello Stato, ventisette tra le migliaia spediti allora allo sbaraglio nella trincea del G8, si vedono recapitare il conto di violenze in cui la grande maggioranza non ebbe alcun ruolo. Sei milioni di euro che la Corte dei conti di Genova ordina loro - con una sentenza depositata giovedì - di versare ai ministeri della Giustizia, degli Interni e della Difesa, a suo tempo condannati a risarcimenti milionari a favore dei no global fermati durante gli scontri e finiti in quello che fu il buco nero del sistema repressivo, la caserma «Nino Bixio» di Bolzaneto. E il conto potrebbe diventare ancora più pesante: ai ventisette la Corte dei conti potrebbe chiedere anche i «danni di immagine» subiti dallo Stato, nonostante una legge lo impedisca esplicitamente. Ma la Corte dei conti del capoluogo ligure chiede che la Corte costituzionale dichiari la illegittimità della norma che esclude questa possibilità. La faccenda, dunque, è destinata a protrarsi quasi all'infinito.

È una sentenza destinata a fare discutere: e che, a pochi giorni dalle esternazioni del pm Paolo Zucca sulla presenza di «torturatori» del G8 ai vertici della polizia, racconta bene come la ferita di Genova sia ancora aperta. Ed è destinata a dare voce alle proteste dei sindacati di polizia, che da tempo denunciano come alla sostanziale impunità dei black bloc e degli altri violenti, gli unici a finire condannati siano stati i servitori dello Stato.

A rendere ancor più singolare la sentenza di giovedì, c'è il fatto che ventidue dei ventisette chiamati a risarcire lo Stato non sono stati neanche condannati. Molti, dopo avere protestato per anni la loro innocenza, hanno dovuto accontentarsi della prescrizione. Ma il conto più salato viene oggi presentato a due che sono stati assolti: sono il generale della polizia penitenziaria Oronzo Doria e il magistrato Adolfo Sabella, all'epoca capo dell'amministrazione penitenziaria. Il primo è stato assolto con formula piena «perché il fatto non sussiste», per il secondo la Procura di Genova chiese l'archiviazione al termine delle indagini preliminari. Sono innocenti, insomma, ma per la Corte dei conti è un dettaglio trascurabile. Sabella dovrà versare un milione e 132mila euro perché «è improbabile che non abbia avuto modo di percepire che qualcosa di brutto stava succedendo», e anzi poche righe dopo quell'«improbabile» diventa addirittura «impossibile». Il generale Doria viene condannato a risarcire 809mila euro perché «ebbe sicuramente la percezione che qualcosa non andava e invece di intervenire si limitò a fare da semplice spettatore»: e pazienza se poche righe prima i giudici hanno dato conto di come per due volte, arrivato a Bolzaneto, Doria avesse ordinato di allontanare dal contatto con i fermati gli agenti più esagitati.

Nelle sue 172 pagine, la sentenza della Corte dei conti dà atto che solo cinque dei ventisette incolpati si sono visti attribuire atti specifici e concreti di violenza: per tutti gli altri l'accusa è di «non avere impedito», «avere tollerato», cioè di essere stati in balia del caos. Come Daniela Cerasuolo, agente della penitenziaria, di cui la stessa no global risarcita dice «lei personalmente non mi ha toccata», eppure dovrà risarcire tremila euro; o il medico Marilena Zaccardi, che per avere consentito che «i maltrattamenti fossero posti in essere» dovrà versare 181mila euro.

Uno solo dei poliziotti inquisiti per Bolzaneto non dovrà risarcire: Natale Parisi, ispettore di polizia, condannato a un anno in primo grado.

Devastato da accuse che sentiva ingiuste, l'anno dopo andò a schiantarsi con la sua moto all'imboccatura di un tunnel, ultima vittima di quella follia chiamata G8.

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