Cronache

I vegani rispettano le bestie, non gli umani

In teoria ognuno è libero di ingurgitare quello che gli pare e piace nei limiti previsti dalla legge Ma per i fondamentalisti della verdura non è così

I vegani rispettano le bestie, non gli umani

Il paradosso di certi vegani è che rispettano, amano e adorano tutti gli animali tranne uno: il bipede umano carnivoro. Lo disprezzano. Potrebbero quasi - facendo una deroga alla loro dieta - mangiarselo vivo. In teoria ognuno è libero di ingurgitare quello che gli pare e piace. Nei limiti previsti dalla legge: non stiamo difendendo chi si fa le tagliate di panda, ma il diritto di mettere nel proprio piatto quello che si preferisce. Una banalità, all'apparenza.

Ma per i fondamentalisti della verdura non è così. No. Per loro mangiare rapanelli e bacche di goji non è solo una scelta personalissima. È un segno di superiorità antropologica, un verbo da diffondere, un menù da imporre a tutto il resto dell'umanità. Se potessero cambierebbero anche il Vangelo e farebbero moltiplicare pane e seitan, perché i pesci non si devono toccare. L'ultimo delirio vegan è stato testimoniato da un video. La scena: un padre di famiglia pesca con il figlio sulle rive del fiume Sesia, nel Vercellese. Arriva un sovraeccitato giovanotto, sedicente attivista della Meta, Movimento etico tutela animali e ambiente, e inizia a insultarlo. «Stai insegnando a tuo figlio a uccidere», lo accusa l'ayatollah della soia. Il padre non la prende benissimo e inizia a discutere con una certa animosità, il bimbo giustamente si mette a piangere e la situazione si surriscalda. Il litigio vegano finisce senza alcuno spargimento di sangue. Ma la vicenda andrà comunque davanti al giudice: l'uomo ha denunciato l'attivista.

Un fatterello di cronaca, che però fotografa nitidamente la pericolosa deriva di un fondamentalismo sempre più aggressivo. I nazivegani, negli ultimi anni, hanno assaltato ristoranti, cuochi, cacciatori e industrie alimentari. E il ragazzo che insulta un pescatore è solo l'eruzione cutanea di un fermento che striscia sotto la pelle di questa era folle: l'idea che mangiare le bestie sia da bestie, da esseri umani di serie b, non ancora del tutto evoluti nel lungo cammino del progresso. Mangiare è piacere innanzitutto, ma anche libertà. E lo deve essere per chiunque: carnivori, vegani, crudisti, fruttariani o vegetariani. L'ideologia è meglio che resti fuori dal piatto. E la forchetta, oltre che per cibarsi, serve anche a prendere a forchettate nel sedere chi vuole dirci che cosa possiamo ingurgitare quando siamo seduti a tavola.

E poi se, come diceva Ludwig Feuerbach «siamo quello che mangiamo», è comunque meglio essere un florido porcello che un pallido pezzo di tofu.

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