Cronache

"Ora spacchiamogli la faccia...". La toga salva chi insulta i vigili

È stata archiviata l’inchiesta contro 73 persone. Su Facebook avevano scritto: “Spacchiamogli la faccia”

"Ora spacchiamogli la faccia...". La toga salva chi insulta i vigili

Insultare e offendere i vigili non è reato. O almeno è questo quanto è stato deciso da un giudice di Torino che ha deciso, come riportato da Il Messaggero, di archiviare l’inchiesta contro 73 persone. Frasi violente come “io gli spaccherei la faccia” o anche la proposta di “una punizione punitiva sotto casa” che avevano riscontrato consensi e applausi da altri utenti, sono finite in una bolla di sapone.

Offendere i vigili su Facebook non è reato

Erano questi i commenti a un post dell’avvocato Michele Scola, datato 2018, nel quale il legale raccontava di essere stato vittima di una ingiustizia da parte dei vigili urbani. Le minacce nei confronti dei vigili e l’inchiesta che ne è derivata sono finite archiviate perché scrivere queste cose è “eticamente censurabile” ma non costituisce un reato. Almeno secondo il gip di Torino Paola Rigonat che ha accolto la richiesta della procura condividendo in toto le considerazioni, e ha poi chiuso il caso, in quanto “non ci sono connotati di offensività”. Alcune frasi lette sul social avevano però scatenato subito la reazione del comando dei vigli urbani. L'allora comandante della polizia municipale, Emiliano Bezzon, con tanto di screen dei commenti ritenuti più offensivi aveva deciso di presentare una denuncia. Una volta concluse le indagini e raccolto la dinamica dei fatti, la procura di Torino ha deciso che non ci sono gli estremi di un reato e ha chiesto il proscioglimento di tutte le persone indagate.

Secondo la procura vi sono alcuni commenti che presentano contenuti spregevoli ma che non sono diffamatori, altri sarebbero messaggi violenti e incivili ma che non sarebbero identificabili con il reato di istigazione a delinquere. E poi, altri ancora rientrerebbero addirittura nel diritto di satira. Tanto per dire, uno di questi commenti si riferiva alla “sindrome da pisello piccolo”. Per nulla offensivo. Solo sarcasmo. Che non fa per niente ridere tra l’altro. I magistrati hanno anche tenuto a sottolineare che le frasi indagate erano rivolte a una sola pattuglia e non a tutto il corpo. Come se cambiasse qualcosa. L’avvocato nel post aveva descritto quanto avvenuto accusando gli agenti di aver ricoperto il ruolo di sceriffi e di aver avuto nei suoi confronti un comportamento “ingiusto, avvilente e preoccupante”.

Ecco cosa era successo

La mattina del 24 marzo, il professionista stava accompagnando a scuola il figlio di 5 anni a bordo del motorino, quando è stato fermato e rimproverato da un vigile perché il casco del bimbo, a suo dire, non era omologato. L’avvocato ha però scritto su Facebook: “Gli mostro che lo è ma continua a contraddirmi. Lascio perdere e me ne vado. Lui mi guarda malissimo”. Secondo il suo racconto, il giorno seguente avrebbe trovato davanti al portone di casa tre moto e altrettanti agenti che già conoscono il suo nome e che chiedono patente e libretto. Tra gli agenti anche il vigile del giorno prima che gli avrebbe detto che lo stavano aspettando. La revisione è scaduta e scatta la sanzione.

Il professionista ha così commentato: “Non è accettabile durante il turno di lavoro stare a spese di tutta la comunità ad aspettare un cittadino che non ha fatto niente, pur di poter dare soddisfazione a un ingiustificabile desiderio di affermazione e di potere”. E ha poi definito tutto come una spedizione punitiva. Da lì sono partiti commenti di solidarietà e attacchi nei confronti dei vigili. Il Comune ha così replicato: “Il bambino dell'avvocato viaggiava a bordo di uno scooter senza revisione, sul predellino anteriore e non sul sedile come invece sarebbe stato opportuno per ragioni di sicurezza. A commentare anche il comandante Bezzon che aveva fatto partire la denuncia: “La gente non deve pensare che quello che si scrive sui social sia esente da responsabilità.

Il nostro reparto tecnologico ha fatto un lavoro capillare di analisi dei post per individuare gli autori: molti hanno fatto mea culpa ma era tardi”.

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