Cronache

L'Ilva annuncia la chiusura dello stabilimento di Taranto

"Chiusura di tutta l'area non sottoposta a sequestro". Coinvolti 5.000 lavoratori. A cascata i lavoratori di altre sedi. Vendola nei guai: fece pressione sull'Arpa. Il governo convoca le parti sociali. I sindacati: sciopero immediata 

Veduta esterna dello stabilimento siderurgico Ilva di Taranto
Veduta esterna dello stabilimento siderurgico Ilva di Taranto

L’Ilva ha comunicato ai sindacati "la chiusura, pressoché immediata, di tutta l'area attualmente non sottoposta a sequestro" e ciò riguarda oltre 5.000 lavoratori a cui si aggiungerebbero a cascata, nel giro di pochi giorni i lavoratori di Genova, Novi Ligure, Racconigi, Marghera e Patrica. Lo ha detto il segretario nazionale Fim Cisl Marco Bentivogli che chiede al premier Mario Monti una convocazione urgente.

Se il presidente non convocherà nelle prossime ore un incontro sulla situazione dell’Ilva giovedì i lavoratori del Gruppo manifesteranno sotto palazzo Chigi. Lo annunciano i sindacati in una nota. I lavoratori "messi in libertà" dall’azienda nello stabilimento di Taranto sono circa 5.000.

Mentre si attende la decisione del gip sulla richiesta di dissequestro degli impianti, la Guardia di Finanza ha eseguito una nuova tornata di arresti per la vicenda Ilva. In manette sono finite sette persone per associazione per delinquere, disastro ambientale e concussione. Sequestrati, inoltre, la produzione degli ultimi 4 mesi (prodotti finiti e semilavorati), che costituiscono profitto di reati perché realizzati con l'impianto sotto sequestro.

Si tratta di un'inchiesta che riguarda stavolta una serie di pressioni che l’azienda avrebbe effettuato sulle pubbliche amministrazioni per ottenere provvedimenti a suo favore e ridimensionare gli effetti delle autorizzazioni ambientali. In carcere Fabio Riva (ammistratore delegato dell’Ilva), Luigi Capogrosso (ex direttore delle stabilimento) e l’ex consulente Girolamo Archinà). Ai domiciliari invece Emilio Riva (presidente della capogruppo della Riva Fire), Lorenzo Liberti (presidente della facoltà di Ingegneria ambientale dell’università di Taranto), Carmelo Delli Santi (ingegnere rappresentante della Promed Engineering) e Michele Conserva (ex assessore all’ambiente). Indagati, inoltre, anche il presidente Bruno Ferrante e il direttore generale dell’azienda, Adolfo Buffo.

Dalle indagini sull’Ilva emergono anche "numerosi e costanti contatti di Girolamo Archinà, direttamente, e di Fabio Riva, indirettamente, con vari esponenti politici tra cui il governatore della Puglia Nichi Vendola". Sua sarebbe infatti la "regia" nelle pressioni per "far fuori" il direttore generale dell’Arpa Puglia, Giorgio Assennato, autore della relazione sulle emissioni inquinanti prodotte dall’Ilva. 

Agli atti ci sono email e intercettazioni che coinvolgono i tre. In particolare, in una intercettazione telefonica del 30 giugno 2010 Archinà riferisce al segretario provinciale della Cisl di Taranto, Daniela Fumarola, che "l’avvocato Manna (allora capo di gabinetto del presidente della Regione, ndr) e l’assessore Fratoianni" erano stati "incaricati dal presidente Vendola di frantumare Assennato". In un’altra telefonata, del 2 luglio del 2010, a parlare sono invece l’ex direttore dello stabilimento di Taranto Luigi Capogrosso e uno degli avvocati dell’Ilva. In questo caso si riferiscono alcuni contatta con il capo di gabinetto di Vendola intento a "cercare di far fuori" Assennato. Per il gip, insomma, "il complesso delle intercettazioni relative alle pressioni sul professor Assennato è da ritenersi, oltre ogni ragionevole dubbio, assolutamente attendibile, così come è altrettanto evidente che il tutto si era svolto sotto l’attenta regia del presidente Vendola e del suo capo di gabinetto avvocato Manna".

Il 22 giugno 2010, inoltre, Archinà avrebbe scritto a Riva per informarlo di un incontro col leader di Sel dopo che l’Arpa Puglia aveva diffuso un documento in cui denunciava i livelli di inquinamento prodotti dall’azienda. A detta del consulente, Vendola si sarebbe "fortemente adirato con i vertici dell’Arpa Puglia, cioè il direttore scientifico Blonda e il direttore generale Assennato, sostenendo che loro non devono assolutamente attaccare l’Ilva di Taranto e piuttosto si dovevano occupare di stanare Enel ed Eni che cercavano di aizzare la piazza contro l’Ilva". Inoltre il presidente della Regione avrebbe "pubblicamente dichiarato che il modello Ilva doveva essere esportato in tutta la regione riferendosi, chiaramente, alla famosa legge sulla diossina la cui gestazione era stata evidentemente frutto della concertazione tra la Regione e l’Ilva che aveva sempre osteggiato il cosiddetto campionamento in continuo, ottenendo, appunto, in tale legge che ciò non fosse imposto". E non solo: Vendola avrebbe poi promesso "di occuparsi personalmente della questione Arpa al suo ritorno dalla Cina".

Bruno Ferrante, intanto, si difende da ogni accusa: "Non ho alcuna intenzione di rinunciare all’incarico di presidente di Ilva s.p.a., assunto nel luglio scorso. Le contestazioni che mi sono state rivolte dal pm di Taranto appaiono inconsistenti e strumentali. Proseguirò nel mio compito nell’interesse dei tanti lavoratori e dell’Azienda, convinto sempre che è possibile e doveroso coniugare ambiente, salute e lavoro". 

Preoccupata Confindustria: "Sarebbe un evento gravissimo per tutto il sistema industriale italiano". Il governo ha convocato giovedì prossimo le parti sociali e le istituzioni locali per discutere del dossier sull'acciaieria.

I sindacati metalmeccanici Fim, Fiom e Uilm hanno deciso stasera lo sciopero immediato dei lavoratori dell’Ilva in segno di protesta per la decisione dell’azienda di fermare tutta l’area a freddo dopo il blocco e il sequestro delle merci disposti oggi dalla Magistratura.

I sindacati parlano di "rappresaglia" dell’azienda "contro i lavoratori".

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