Cronache

Incidente aereo, la testimonianza di un pilota Airbus

Come fanno i piloti a gestire una grave situazione di pericolo? Lo abbiamo chiesto a uno di loro abilitato agli Airbus

Un airbus A320 della Germanwings
Un airbus A320 della Germanwings

"Le cause dell'incidente possono essere innumerevoli". Non ha dubbi il pilota che abbiamo interpellato, che vanta una discreta esperienza alla guida degli Airbus, lo stesso tipo di velivolo che si è schiantato in Francia. "I problemi tecnici sono normali per un aereo e quando un mezzo viene portato nell'hangar ci sono procedure rigorose prima del rilascio”.

Prima di tutto occorre fare chiarezza su un punto: l'aereo non era molto vecchio, come qualcuno ha scritto. Ventiquattro anni non sono troppi, ce ne sono di più vecchi in circolazione. Un velivolo può volare anche dopo 40 anni, riportandolo a zero, ossia cambiando tutta la parte strutturale. In altre parole si "rigenera" l'apparecchio e lo si mette in piena efficienza e sicurezza.

L'airbus di Germanwings può aver perso quota per vari motivi. Ad esempio per la depressurizzazione. “Quando per qualche motivo si perde pressione all'interno del velivolo, si hanno quindici minuti di tempo per riportarlo ad un'altezza tale da permettere a chi si trova a bordo di respirare. Bisogna scendere di quota, fino a diecimila piedi (circa 3mila metri). L'aereo è sceso fino a 6800 piedi. In genere si fa con l'autopilota, ma si può fare anche manualmente, se c'è qualche altro tipo di problema che lo rende consigliabile. La discesa in emergenza dura dai 4 ai quattro minuti e mezzo. Quella dell'aereo tedesco, se non sbaglio, è durata 8 minuti. La discesa in tempi più lunghi può essere necessaria se a bordo c'è un problema di tipo strutturale, ad esempio se cede un portellone".

Un'altra possibile causa dell'incidente richiama alla mente quanto accadde al volo Air France 447 del 1° giugno 2009 (228 morti). "L'aereo ha tre computer che calcolano velocità, quota e altri dati di volo. Sono indipendenti, ognuno ha a disposizione sensori diversi. Se accade, per qualche motivo, che si perdano le indicazioni fornite da due computer su tre, nel senso che due computer indicano dati diversi dalla strumentazione di bordo, il pilota deve gestire l'emergenza con prontezza. "La procedura prevede dei passaggi da fare in sequenza, che vanno fissati bene a mente". Il comandante del velivolo aveva un'esperienza decennale e circa 6mila ore di volo. "Ma in questo caso, a fare la differenza, è la perfetta conoscenza della macchina. Contano le ore di volo, ma soprattutto quante di queste sono state fatte con l'Airbus".

Un altro dei dubbi che restano è il silenzio dei piloti. Per quale motivo non hanno comunicato nulla prima dello schianto? "Nel caso della depressurizzazione è normale che il pilota faccia alcuni controlli e successivamente contatti l'Atc (Air traffic control)". Che non abbiano comunicato è strano, ma può essere spiegato al fatto che in condizioni critiche il controllo del velivolo ha la priorità sulle comunicazioni radio.

Il comandante ci spiega che l'aereo tedesco ha ripreso quota fermando la discesa: "Per un minuto circa è rimasto livellato". Che abbiano perso conoscenza per alcuni minuti? Potrebbe essere, ma resterà decisiva l'analisi di tutti i dati, dai parametri di volo allo scambio di comunicazioni tra piloti. La rotta deviata? "Anche qui nulla di strano, quando si deve recuperare la prua è l'ultimo dei problemi...".

L'incidente può dipendere da un insieme di concause: tecniche, ambientali e umane. Una cosa è certa: la gestione delle emergenze viene affrontata coi simulatori (quattro all'anno per ogni pilota). "Si sperimentano tutte le casistiche di avaria, nessuna esclusa, e si impara a gestire nel modo più corretto ogni situazione".

“È abbastanza inutile fare supposizioni - tiene a precisare il pilota -. Possiamo ipotizzare diverse cause, sulla base della nostra esperienza, poi però alla fine tutto deve essere dimostrato". E si dice convinto di una cosa: "C'è interesse da parte di tutti alla piena conoscenza dei fatti e della trasparenza”.

Non ci resta che aspettare.

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