Cronache

Intere flotte, sommergibili e radar: tutte le armi per fermare l’ondata

Il governo avrebbe già gli strumenti per bloccare le navi L’ammiraglio Veri: "Con i nostri mezzi è facile identificarle"

Intere flotte, sommergibili e radar: tutte le armi per fermare l’ondata

I politici di sinistra e i fan delle Ong e della pratica del recupero in mare accusano il procuratore di Catania, Carmelo Zuccaro, di creare allarmismi e di non avere prove in mano riguardo a una possibile connivenza tra le organizzazioni non governative e gli scafisti. I mezzi chiesti dal giudice, per rendere evidenza la conoscenza, tardano ad arrivare, nonostante l'Italia, così come altri Paesi, sia dotata di sistemi sofisticati utili a risalire alle prove che le procure siciliane stanno cercando per portare il caso in tribunale.

La tecnologia, in realtà, è dalla parte delle istituzioni da lungo tempo e riuscire a risalire a eventuali contatti tra trafficanti di uomini e possibili sfruttatori della situazione, almeno in teoria, è un gioco da ragazzi.

Partiamo dal presupposto che già con i passati governi il Mediterraneo era osservato speciale. Nel 2013, tanto per citare le cronache dell'epoca, «i radar della Marina militare italiana erano 10, quelli della Guardia di Finanza 8, quelli della Capitaneria di porto una quindicina». Dal Cincnav, il comando della Squadra navale italiana, i movimenti di tutte le navi in circolazione nei nostri mari erano rilevabili, così come lo sono oggi.

L'ammiraglio Rinaldo Veri, ex presidente del Centro Alti studi della Difesa ed ex responsabile del comando marittimo alleato della Nato, oggi in pensione, spiega come «sapendo oggi qual è il problema la Marina, con i suoi mezzi, è in grado di prestare una maggior attenzione verso la questione e, quindi, eventualmente identificare le navi delle ong che si addentrano nelle acque territoriali libiche». La parte difficile è riconoscerle, perché il radar vede un bersaglio, ma finché non viene identificato non si sa di che si tratti. Ci sono radar e radar. Però, siccome l'Italia ha una flotta sparsa per il Mediterraneo, i riporti possono avvenire anche attraverso i radar delle navi. E poi c'è tutto un sistema di comunicazioni che mette a rete tutti questi target. C'è un processo di elaborazione per cui man mano i bersagli vengono identificati. Ci sono vari sistemi per farlo e sono di facile attuazione.

Certo, se si vedono due navi e si nota un trasbordo non sempre le Ong mostrano il cartello, anche perché è stato provato che alcune di queste spengono i trasponder. Ma visti i sistemi attualmente in adozione a tutte le Marine del mondo, utili per l'acquisizione dei bersagli e le informazioni sugli stessi attraverso una rete di elaborazione, è sempre molto più facile risalire a qualcosa che si sta cercando.

C'è da dire anche che sia con l'operazione mare Nostrum che con l'operazione Mare sicuro il Mediterraneo era sorvolato dai Predator dell'Aeronautica militare che, in più di un caso, hanno consentito di risalire ai barconi in partenza dalle coste libiche.

Ci sono poi i sommergibili della Marina, in grado di vedere da sotto l'acqua senza essere osservati. Insomma, questo per dire che se il governo italiano lo volesse davvero avrebbe già attuato le dovute verifiche sui movimenti delle Ong. Che manchi la volontà? O che semplicemente si sia optato per la solita strada del silenzio?

Dai palazzi del potere notizie in questo senso non escono. «Abbiamo il divieto di parlare delle operazioni di recupero migranti»: è la risposta che, ormai da mesi, danno i responsabili degli uffici pubblica informazione della Difesa. I ministro dell'Interno, Marco Minniti, invece, continua a ricordare il Memorandum of understanding, l'accordo che dovrebbe consentire, col tempo, di risolvere il problema «immigrazione». Resta da chiedersi il perché, visto tanto impegno nella direzione di soluzioni condivise, non si scelga la strada della collaborazione con le procure che tentano di dimostrare che dietro al fenomeno migratorio non c'è altro che un disegno precostituito.

In fondo, a Zuccaro e ai suoi colleghi basterebbero quei mezzi che l'Italia ha già a disposizione.

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