Cronache

Invia la foto del figlio al medico: Google lo accusa di pedofilia

Avventura ai limiti dell’impossibile per un uomo che, in America, ha rischiato di essere triturato dagli ingranaggi del digitale per avere mandato la foto di suo figlio a un medico

Invia la foto del figlio al medico: Google lo accusa di pedofilia

Si tratta di un fatto che il New York Times ha portato alla luce nelle ultime ore, ma si è consumato in California a febbraio del 2021, nel pieno della pandemia. Mark – nome di fantasia - ha notato che il pene del figlio di pochi mesi era arrossato e la moglie si è adoperata per fissare un appuntamento con un medico, il quale ha chiesto di vedere una foto della zona arrossata al fine di cercare di identificare la natura del problema, cosa che la donna ha fatto usando il telefono del marito e attenendosi alle istruzioni datele dallo studio medico, caricando le immagini su Cloud. Una strategia che si è rivelata azzeccata e ha permesso di guarire il piccolo con la somministrazione di antibiotici.

Due giorni dopo Mark ha ricevuto un messaggio sul proprio smartphone secondo cui Google aveva disattivato il suo account a causa di non meglio identificati contenuti dannosi. L’uomo collega subito il messaggio alle fotografie scattate al figlio e, essendo un informatico con esperienze professionali proprio nell’ambito del riconoscimento dei contenuti inappropriati, si dice certo di risolvere l’inconveniente. Così non è stato.

L’inizio delle tribolazioni

I contenuti che ledono le linee guida imposte dai giganti del Tech sono in prima istanza intercettati da software e automatismi di diversa natura, per poi essere scremati dall’intervento umano. Un passo necessario anche perché i software possono commettere errori. Mark, che conosce queste dinamiche, compila uno dei moduli che Google mette a disposizione dei propri utenti e spiega la situazione, certo di potere risolvere il disguido. Nel frattempo però, a causa del blocco preventivo operato da Big G, l’uomo non ha più accesso ai servizi erogati da Google: niente mailbox, niente calendario, nessun accesso alle risorse Cloud nelle quali, tra l’altro, sono conservate foto e documenti.

C’è un’altra difficoltà. Mark è anche cliente di Google Fi, servizio di telefonia di Google disponibile negli USA e quindi non ha più un numero di telefono funzionante. Non avendo più accesso al suo numero telefonico né alla sua mailbox non può fare uso di molti dei suoi altri account internet perché non è in grado di ricevere i codici di conferma per completare le procedure di accesso.

Lo strapotere di Google

Qualche giorno dopo Google risponde dicendo che le spiegazioni date da Mark non sono sufficienti e, a fine del 2021 (quindi circa 9 mesi dopo l’inizio dei problemi) il dipartimento di polizia di San Francisco avverte l’uomo di avere aperto un fascicolo contro di lui, comunicandogli anche di avere inviato dei mandati di perquisizione a tutti i suoi fornitori di servizi internet, Google inclusa. Dopo avere avuto accesso a ogni meandro della vita digitale dell’uomo, le forze dell’ordine non hanno trovato irregolarità né hanno rilevato documenti e atteggiamenti illegali.

Mark trasmette a Google il risultato delle indagini a suo carico e non ottiene risposta. Qualche settimana dopo riceve un’altra comunicazione con la quale Big G lo avverte che cancellerà il suo account.

I limiti della vita digitale

Mark può seguire la via delle azioni legali, adendo un tribunale che possa fermare Google. Ha deciso di non farlo e di accontentarsi dei dati che la polizia di San Francisco ha raccolto durante le indagini.

Al di là dell’epilogo e dei motivi che hanno avviato questa disavventura, possiamo dire che oggi è praticamente impossibile avere scambi di documenti soltanto offline. Questo non vuole dire che occorra usare un solo canale online. Non è sbagliato optare per la digitalizzazione, l’errore può essere quello di usare un solo canale, che sia gestito da Google, da Amazon, da Microsoft o da un qualsiasi altro fornitore. Che questi siano impegnati contro le illegalità è doveroso; che la conducono con un’ottusità, che va al di là della ragionevolezza, non è altrettanto positivo.

La prelica di Google

“Il materiale pedopornografico (CSAM) è ripugnante e siamo impegnati per prevenire ogni sua diffusione sulle nostre piattaforme. Seguiamo la legge statunitense nel definire cosa costituisce CSAM e utilizziamo una combinazione di tecnologia di hash matching e di intelligenza artificiale per identificarlo e rimuoverlo.

Inoltre, il nostro team dedicato alla sicurezza dei minori esamina l'accuratezza dei contenuti segnalati e si consulta con esperti pediatri per garantire la possibilità di identificare i casi in cui gli utenti potrebbero richiedere un consiglio medico".

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