Cronache

Io dico grazie a Zuckerberg. La mia vita è migliorata

Non mi interessa che tu abbia ficcato il naso nella mia vita privata, non mi importa che tu abbia usato i miei dati per farmi recapitare pubblicità sartoriale. Anzi ti ringrazio

Io dico grazie a Zuckerberg. La mia vita è migliorata

Caro Mark,
non ci conosciamo. Cioè io non ti conosco, ma a quanto pare tu sai tutto di me. Ma proprio tutto, anche i segreti più inconfessabili che affidavo alle mie chat. Io pensavo di scrivere a un mio amico e invece scrivevo a te. Almeno così dicono adesso. Quindi è un po' come se fossimo amici. E devi avere proprio un sacco di tempo da buttare per esserti fatto gli affari di qualche miliardo di persone. Ma io ti voglio ringraziare lo stesso. Non mi interessa che tu abbia ficcato il naso nella mia vita privata, non mi importa che tu abbia usato i miei dati per farmi recapitare pubblicità sartoriale. Anzi ti ringrazio. A dirla tutta mi hai fatto un favore. Perché preferisco vedere la réclame della mia ditta preferita di cravatte, piuttosto che il banner dei pannoloni più assorbenti della storia. In fin dei conti ho perso meno tempo. Anzi, se puoi, studiami un po' di più e profilami meglio, mi fai un favore. Ma io ti ringrazio per un altro motivo, in questi giorni tutto il mondo ti sta mettendo sulla graticola. Sei nel mirino. Ti accusano di essere uno spione globale. Prima Obama ti chiedeva i selfie e ora ti mettono alla sbarra. Perché hanno scoperto che traffichi con i nostri dati. Ma va? E dove diavolo pensavano che avessi pescato tutti quei miliardi? Che li raccogliessi dalle piante? Beh, io voglio comunque ringraziarti. Perché in questi dieci anni ci hai un po' cambiato la vita e in una certa misura la hai anche migliorata. A dimostrazione che i capitalisti - e tu lo sei - oltre a far quattrini, fanno anche del bene. La rete senza il tuo social network era un posto molto più triste. Una landa desolata, un deserto globale senza punti di riferimento. Più che navigare si naufragava nel web. Tu, nel deserto globale, hai costruito un villaggio e lo hai popolato di volti a noi conosciuti. Una agorà digitale. Idea geniale e al genio - come spesso capita - è seguito il profitto.
Grazie a Facebook abbiamo recuperato amicizie perdute e ne abbiamo fatte di nuove, abbiamo contattato il cugino disperso in Africa e il compagno di scuola svanito in terza elementare. Certo ci siamo trovati tra i piedi qualche rompiscatole in più, ma poco male. Ma meglio un rompiballe virtuale che uno reale.
Abbiamo diffuso le nostre parole, le nostre idee, la nostra musica e le nostre immagini. Puro esibizionismo. Certo. Ma che male c'è?
Negli anni, sul tuo social, ci siamo informati, abbiamo letto balle colossali, trovato lavoro, litigato e incontrato la compagna di una notte e qualcuno della vita. Se penso al mondo prima di Facebook, tutto sommato, non lo rimpiango. Eravamo un po' più soli. Certo, come ogni strumento, va usato con moderazione. È la mimesi della vita reale, talvolta la caricatura, ma non è la vita reale.
Per due cose, in particolare, ti ringrazio. Uno: hai contribuito alla scomparsa dell'ostensione delle foto delle vacanze in quei soporiferi dopocena passati davanti alle diapositive. Ora l'esibizionista le carica su Facebook e la vittima predestinata se vuole se le guarda, o finge di averlo fatto. Due: mi hai ricordato tutti quei compleanni che avrei dimenticato, provocando l'ira dei più permalosi e in un paio di casi mi hai anche salvato dall'essere mollato in tronco.
Ora chi si lamenta delle tue scorribande nei nostri dati, dopo aver passato anni a postare anche la propria coronarografia, è come una prostituta in vetrina ad Amsterdam che si lamenta per un passante che le ha guardato il sedere. Suvvia. Quindi togliti dal viso quell'aria da santo. Perché non lo sei. Ma che non ti dipingano neppure da diavolo. Sono ridicoli.

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