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Il Jobs act di Donald

Campione di realismo economico, conservatore ma senza paraocchi: sta riformando un'America bigotta

Il Jobs act di Donald

Non ci riteniamo obbligati ad essere a tutti i costi fan sfegatati di Donald Trump, il quale ogni tanto cento ne fa e una ne pensa. Ma dobbiamo prendere atto di quel che scriveva pochi giorni fa il Wall Street Journal, campione di realismo economico, conservatore ma senza paraocchi e cioè che questo presidente, dato per matto dalla sinistra mondiale, sta riformando una America bigotta da una parte e sinistramente radicale dall'altra. Mentre Wall Street, nel senso della più grande Borsa del mondo, svetta e impazzisce, i pessimisti di sinistra gridano alla «bolla speculativa» che secondo loro starebbe per scoppiare mandando tutti a fondo. Ma non è così: l'America del matto Donald Trump - che fa stridere e digrignare i denti alle sinistre di casa sua esattamente come Berlusconi faceva con le sinistre italiane, tant'è che per levarselo di torno dovettero prima muovergli guerra in Africa e poi abbatterlo con il fucile calibro 50 di una legge retroattiva - celebra la più potente ondata di nuovi posti di lavoro della sua storia: più duecentomila nel mese di luglio, il miglior risultato degli ultimi sedici anni, cioè da quando era presidente un altro famigerato repubblicano, George W. Bush. Il tasso di disoccupazione americano è sotto il 5 per cento. Con Obama, nulla di simile. Da noi sotto Renzi, neanche: non basta il finto inglese di Jobs Act per fare l'americano.

Noi (i lettori della sinistra al caviale, giallognoli e biliari ce lo perdoneranno) di fronte a queste notizie, che volete, ci proviamo gusto.

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