Politica

L'asse Conte-pm spaventa Renzi

L'asse Conte-pm spaventa Renzi

La giostra politica è quella di sempre: punta sulla stabilità del governo per garantire la legislatura. Sull'ascensore di Palazzo Madama Giuseppe Conte è quasi spavaldo, quasi ci scherza sull'ipotesi che il suo esecutivo possa essere messo a repentaglio dall'insofferenza di alcuni grillini sul Mes. «Mi potrebbe portare lei altri due senatori per essere sicuri?», scherza con il cronista. E aggiunge sornione: «Non dovrebbero esserci problemi, ma non si può mai dire. Il Parlamento è sovrano». Frase istituzionale condita da un po' di sicumera. Il premier può permetterselo, le polizze che garantiscono la vita del governo non sono poche. In quelle stesse ore, infatti, Beppe Grillo, Santo Patrono del Conte Due, telefona ad uno dei possibili transfughi 5stelle verso la Lega, Stefano Lucidi, per tentare di convincerlo invano - a ripensarci. E, comunque, c'è sempre la riserva «forzista» pronta ad intervenire per scongiurare crisi ed elezioni: Conte ieri ha raccontato, facendo arrabbiare i renziani, che il gruppo parlamentare di ex forzisti che sta per nascere al Senato è una sua «creatura». «Ho chiesto se oggi avevano problemi sui numeri ammette Paolo Romani ma mi hanno detto di no». In realtà, però, il governo Conte può godere, soprattutto, della protezione di altri due alleati ben più efficaci. Sono quei due pezzi di magistratura, pardon di sindacati, che hanno un'indole spiccatamente interventista sulla politica: le toghe rosse di un tempo, eredi di magistratura democratica; e l'area che si rifà alla filosofia di Piercamillo Davigo, già protagonista di Tangentopoli e ora riferimento della magistratura più vicina all'anima grillina. Entrambe ora sono sotto lo stesso tetto, dalla stessa parte, cioè il governo e la maggioranza giallorossa. E potrebbero essere quasi considerate due gendarmi a guardia del Conte Due.

Sarà un caso, infatti, oppure, per usare un'espressione in voga tanti anni fa e magari ora un po' desueta, siamo di fronte a possibili esempi di giustizia ad orologeria, ma nel giro di un mese due inchieste hanno investito chi rompe le scatole all'attuale equilibrio dentro e fuori il governo: è finito nel mirino Renzi e Italia Viva, con le indagini e le perquisizioni sulla Fondazione Open; e proprio l'altro ieri sono tornati sotto i riflettori dei magistrati Matteo Salvini e la Lega con l'iniziativa giudiziaria contro l'associazione «Maroni Presidente» per il presunto riciclaggio di una parte dei famosi 49 milioni di euro dei finanziamenti del Carroccio, pallino fisso della procura di Genova. Coincidenze? Probabilmente, ma sono «coincidenze» che scandiscono da decenni e decenni la Storia politica di questo Paese. Siamo arrivati al punto che tutti - giustizialisti e garantisti, amanti delle procure e avversari - considerano le inchieste una «variabile» della politica come se la cosa fosse normale. Lo ha ammesso giorni fa pure Peter Gomez, autorevole firma del Fatto quotidiano (l'house organ del grillismo politico e giudiziario), all'Arena di Giletti, congetturando sull'ipotesi che Renzi possa staccare la spina al governo Conte: «C'è sempre la variabile - ha teorizzato - dell'inchiesta della magistratura fiorentina sulla Fondazione Open, nessuno può sapere dove andrà a parare, poi ce la prenderemo con i magistrati, diremo che non è giusto, ma dobbiamo constatare che è così». Appunto, una «variabile», magari la stessa a cui hanno fatto cenno Conte e il direttore del Fatto, Marco Travaglio, in un sabato sera di tre settimane fa, in un ristorante in capo al mondo, nel viterbese. Oppure quella «variabile» che ha spinto il ministro Francesco Boccia a dare questo consiglio ad una deputata forzista in procinto di passare con Italia Viva: «Non fare la cazzata di andare con Renzi, la magistratura lo asfalta».

Una «variabile» che le vittime di oggi del meccanismo politico-giudiziario vivono sulla loro pelle. «Una volta osserva Riccardo Nencini, erede del Psi ora con Renzi erano i partiti di governo nel mirino della magistratura, ora ci sono i rompicoglioni. Più Renzi, perché nel governo sposa le tesi garantiste». Osserva il vicesegretario della Lega, Lorenzo Fontana: «Il problema è che questo governo si basa anche sull'alleanza tra le due magistrature interventiste, tra toghe rosse e il rito Davigo. E a noi resta la speranza che le pallottole ci sfiorino solo». «È scentifico!», gli va dietro l'altro vicesegretario del Carroccio, Andrea Crippa. Rimarca l'azzurro Enrico Costa: «Siamo tornati al '92. Sul banco degli imputati, vedi Italia viva e la Lega, non finiscono più le singole persone, ma i partiti. Quelli che restano fuori, il Pd e magari i grillini con la loro piattaforma Rousseau, debbono stare attenti a non assumere iniziative legislative che diano fastidio alla magistratura».

Insomma, dopo 40 anni non è cambiato niente. Tant'è che oggi al Senato, nel dibattito sul finanziamento alla Fondazione Open, Matteo Renzi ripercorrerà la lunga storia delle «invasioni di campo» della magistratura nella politica. «Ricorderò spiega che già due ex presidenti del Consiglio hanno preso la parola in Parlamento per denunciare le incursioni della magistratura nella politica: Aldo Moro nel 1977 e Bettino Craxi. E ricorderò che in entrambe le occasioni finì male sullo scandalo Lockheed e su Tangentopoli. E quello che sta avvenendo cioè che dei magistrati decidano se una Fondazione è un partito o no, è un modo per occupare lo spazio della politica, approfittando della debolezza della politica. Non si tratta di una questione di poco conto: se è la magistratura penale a decidere cosa è un'iniziativa politica e cosa no, si finisce per mettere a repentaglio la nostra democrazia. Siamo di fronte ad una svolta rischiosa, o, meglio, ad un'involuzione pericolosa. E io voglio che rimanga agli atti delle cronache parlamentari che un altro ex premier, come Moro e Craxi, l'aveva detto».

Fin qui il problema generale, poi resta da capire lo «scopo» della variabile inchieste, che può essere uno solo: evitare che Renzi strappi. Spiega il leader di Italia Viva: «Io quando nacque Italia Viva spiegai a Conte che poteva servire a stabilizzare il governo. Poteva essere una scatola di raccolta di parlamentari che, venendo da altre esperienze, potevano consolidare la maggioranza. Invece, fin da subito, Conte ha avuto nei nostri confronti un atteggiamento ostile. Creando la condizione che deputati e senatori che potevano venire da noi non venissero. Il senatore Urraro che ci aveva contattato, alla fine ha scelto la Lega. Ora ci ha fatto sapere che i gruppi degli ex forzisti che stanno per nascere, sono una sua creazione per consolidare la maggioranza. Se una mossa del genere sarà ufficializzata per noi sarà una sorta di libera tutti. Usciremo dalla maggioranza e la lasceremo in balia dei forzisti. Ecco perché sarebbe meglio fare subito la nuova legge elettorale, per non rischiare di votare con il Rosatellum che piace a Salvini».

Oltre a bloccare Renzi, la «variabile» può avere anche l'intento di evitare che la politica intervenga sulla giustizia, che la riformi in un modo che non piaccia ai magistrati. «Tutto è bloccato osserva il piddino Umberto Del Basso De Caro i grillini hanno un filo diretto con Davigo.

E se devi fare dei provvedimenti sulla giustizia non devi parlare con Bonafede, che legge i documenti al contrario, ma con lui».

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