Politica internazionale

L'autodistruzione come strategia

Con il Pd affossato dai sondaggi al minimo storico, il 15%, la via greca si fa molto concreta

L'autodistruzione come strategia

Con il Pd affossato dai sondaggi al minimo storico, il 15%, la via greca si fa molto concreta. Non ci riferiamo alla strada che avrebbe condotto alla mega villa di Eva Kaili, bensì al suo partito, il Pasok, movimento socialista panellenico, per decenni partito-Stato in Grecia, che dal 43% del 2009 sprofondò al 4,68% del 2015 e che ora vivacchia attorno all'8%.

Se poi Letta, Bonaccini e Schlein non gradissero la salsa tzatziki, potrebbero provare con la francese sauce bernaise. Ma anche lì sarebbero dolori: il Partito socialista francese, che per decenni è stato partito di governo, e portò all'Eliseo due volte Mitterrand e una Hollande, dal 29,4% delle legislative del 2012 finì al 7,4% di cinque anni dopo. Alle ultime presidenziali poi la sua candidata, pure sindaco di Parigi, ha raggranellato un misero 1,8% e il partito è stato costretto a sottomettersi a Mélenchon e a entrare nella sua alleanza. In Grecia i socialisti sono stati rimpiazzati da Tsipras, in Francia da Mélenchon: succederà lo stesso in Italia, con Conte?

Molti segnali lo fanno credere. Pur nella diversità dei contesti e delle storie, socialisti greci e francesi e democratici italiani hanno molto in comune. Tutti sono stati creati dall'alto, attorno a una personalità, Mitterrand per la Francia, Papandreou per la Grecia, Veltroni per l'Italia. Venuto meno il leader, hanno prevalso gli scontri tra capetti. Poi l'elemento ultra correntizio, comune alle tre formazioni politiche. Quindi il fatto di essere stati a lungo partiti di governo, non tanto per meriti propri, quanto per mancanza o debolezza dell'alternativa, anche se greci e francesi le elezioni le vinsero davvero, diversamente dal Pd. Quindi la loro trasformazione in partiti-Stato, costretti a governare, sclerotizzati nel loro fungere da agglomerati di clientelismo politico: il potere per il potere.

Ultimo dato in comune, ma essenziale: tutte e tre sono formazioni dall'identità mai veramente risolta. Hanno sempre rifiutato di definirsi socialdemocratici e, costretti ad essere riformisti, mentre praticavano governo e sotto governo si ostinavano a mantenere un linguaggio radicale: si pensi alla disastrosa presidenza Hollande, che è poi quella che ha dato il colpo di grazia ai socialisti francesi. In realtà, i dem l'occasione di diventare moderni, liberali e riformisti la ebbero: con la segreteria e la presidenza del Consiglio Renzi. Che però, nonostante abbia portato il Pd al 40%, cioè al suo massimo storico, fu considerato un corpo estraneo, da espellere il prima possibile.

Per rimettersi sulla carreggiata greca e francese: cioè quella del declino, e neanche tanto lento.

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