Cronache

"No a copricapi indiani". Il politicamente corretto prende anche il football

La squadra di football degli ex Washington Redskins ha imposto questo divieto in preparazione della prossima stagione agonistica, ottenendo il plauso delle ong a difesa dei nativi

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L'ondata revisionistica scatenatasi negli Usa dopo l'uccisione di George Floyd lo scorso anno e diretta a uniformare ai canoni del politcamente corretto sempre più simboli della cultura e della storia occidentali ha travolto anche lo sport statunitense; proprio su impulso di tale campagna anti-discriminazioni, la squadra di football di Washington D.C., che l'anno scorso ha abbandonato lo storico nome Redskins perché giudicato offensivo per i nativi americani, ha ora vietato ai suoi fan di "indossare copricapi indiani" e di "truccarsi il viso alla pellerossa" in occasione delle partite giocate nello stadio di casa.

La squadra in questione, che milita nella National Football League Usa, aveva adottato il nome Redskins nel 1933 e, da allora, era divenuta sempre più nota nel mondo proprio grazie a nome e simbolo, raffigurante il profilo destro del volto di un nativo dal naso adunco e con una penna infilata tra i capelli. Tuttavia, proprio le proteste per l'assassinio di Floyd e la battaglia condotta da Black Lives Matter contro il "razzismo culturale" che impregnerebbe la società statunitense hanno alla fine spinto la dirigenza del club a mandare in soffitta il controverso e "offensivo" logo, con un simbolo nuovo di zecca e "inclusivo" che sarà presentato il prossimo anno. Nel frattempo, la squadra ha assunto la denominazione neutrale di Washington Football Team e infine introdotto il dress code per i tifosi.

Nel dettaglio, la squadra ha comunicato mercoledì di avere aggiornato le regole di accesso al proprio stadio FedExField, ubicato nello Stato del Maryland, in vista della prossima stagione agonistica, precisando quindi che potranno essere esibiti all'interno dell'impianto, da parte del pubblico, solamente sciarpe o altri capi d'abbigliamento "bordeaux e oro", che sono i colori-simbolo del team; costumi e trucchi da nativi americani, al contrario, "non possono più essere sfoggiati nello stadio". Il divieto imposto ai fan di seguire le partite allo stadio vestiti da indiani d'America è stato giustificato dalla dirigenza del Washington Football Team come uno strumento inteso ad aiutare a fornire "la migliore esperienza possibile per ciascun fan".

La decisione presa mercoledì dalla società sportiva ha subito ricevuto l'approvazione del National Congress of American Indians, ong che si batte per i diritti dei nativi, con il suo presidente, Fawn Sharp, che ha dichiarato: "L'annuncio di oggi della squadra di football di Washington è una notizia gradita, ma attesa da tempo, poiché i nativi hanno subito l'umiliazione e il trauma di questi rituali disumanizzanti dei fan per decenni".

Il web si è invece spaccato nel commentare la scelta fatta dai dirigenti della squadra, con alcuni internauti che hanno elogiato il divieto come inteso a scoraggiare i "tifosi razzisti" dall'avvicinarsi allo stadio, mentre altri utenti hanno, al contrario, condannato le nuove regole sull'abbigliamento dei fan bollandole come un attacco alla storia del team e come un "oltraggio bigotto".

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