Coronavirus

"Lezione Expo contro il virus"

Il primo maggio di cinque anni fa l'inaugurazione in diretta planetaria dell'Expo

"Lezione Expo contro il virus"

Il primo maggio di cinque anni fa l'inaugurazione in diretta planetaria dell'Expo, la sera prima c'era stata l'anteprima con il concerto di Andrea Bocelli in una piazza Duomo piena di gente. Un successo da oltre 22 milioni di visitatori, con le immagini di Milano e dell'Italia intera rimbalzate per sei mesi in tutto il mondo.

Dottoressa Letizia Moratti, con il Coronavirus di mezzo sembra passato un secolo.

«È un momento drammatico, siamo di fronte a un evento impensabile che coinvolge tutto il mondo».

E quindi che si fa?

«È come vivere in due mondi diversi. Ma io cerco di essere ottimista».

Lei era sindaco di Milano e una protagonista dell'Expo, oggi è presidente del Consiglio di Ubi Banca, da dove le viene questo ottimismo?

«In fondo Expo ci fu aggiudicata nel 2008 e anche allora eravamo nel bel mezzo di una crisi mondiale: allora era una crisi economica, oggi un'emergenza sanitaria».

Sanitaria, ma che diventa economica.

«Certo, i dati dell'occupazione sia in Italia che in altri Paesi a cominciare dagli Stati Uniti, mostrano il rischio di economie messe seria difficoltà».

E quindi il suo ottimismo?

«Intanto penso che questa crisi si risolverà e poi credo che sarà un'ottima occasione per ripensare i nostri modelli sociali ed economici».

Da dove si comincia?

«Le misure di distanziamento sociale e il lockdown ci costringono, ad esempio, già a riflettere sulla sostenibilità delle nostre azioni quotidiane».

Il tema della sostenibilità era stato centrale per l'Expo.

«È assolutamente così. Oggi come allora i modelli economici e gli approcci ambientali tradizionali hanno mostrato la propria inadeguatezza, a cominciare dalla corsa alla globalizzazione, concausa della rapida diffusione della pandemia».

La globalizzazione sembrava un destino inevitabile.

«Virus precedenti come la Spagnola o la Sars con una minore interconnessione di persone, imprese e merci non hanno avuto una velocità di diffusione paragonabile».

E quindi?

«Bisogna rivalutare la dimensione locale della produzione e del commercio».

Non è semplice.

«Certo il futuro continuerà a essere globale, ma occorre sicuramente una valorizzazione delle comunità locali. E del resto lo stiamo già facendo semplicemente riscoprendo i negozi di vicinato o gli spostamenti a piedi nelle nostre città».

Tutti temi anticipati dall'Expo.

«Sicuramente il rapporto tra globale e locale, ma anche il tema di come nutrire una popolazione in costante e veloce crescita, preservando le risorse naturali. Concetti importanti seminati già allora».

Forse e purtroppo ancora non troppo ascoltati.

«Ogni anno il mondo all'inizio di luglio ha già consumato tutte le risorse messe a disposizione dal pianeta, l'Italia le sue le ha già consumate addirittura a maggio».

Serve un nuovo modello, questa epidemia può essere un avvertimento?

«Sicuramente dobbiamo preservare gli ecosistemi. Un tempo si riteneva che foreste tropicali e ambienti naturali intatti fossero pericolosi trasmettitori di virus, ma studi più recenti hanno smentito questa convinzione sottolineando che sia la distruzione della biodiversità fatta dall'uomo a creare condizioni per nuovi virus e patologie come l'attuale».

Poi c'è l'inquinamento.

«Sono per ora solo ipotesi scientifiche da dimostrare, ma non sembra un caso che le città colpite siano quelle con un più alto tasso di smog».

Una lezione dell'Expo da applicare oggi?

«Expo è stata un esempio di grande cooperazione: internazionale tra Paesi, ma anche tra governo, istituzioni ed enti locali. Anche oggi servirebbe questo approccio».

Chi oggi sta facendo la sua parte?

«Le banche centrali, il presidente della Fed Jerome Powell ha pronunciato il suo whatever it takes, Christine Lagarde dopo una prudenza iniziale sta favorendo politiche monetarie espansive».

Con l'economia in crisi, imprenditori, commercianti e artigiani rischiano di affogare.

«Bisogna assolutamente sburocratizzare, semplificare le procedure, dare risposte rapide alle richieste di imprese e famiglie».

Quanto durerà questa crisi?

«Mi dispiace, non ho la sfera di cristallo. Ripeto solo che ne usciremo».

Cosa dobbiamo fare?

«Affrontarla con grande senso di responsabilità personale per contribuire al bene collettivo».

Certo il rischio di uno spaventoso aumento della povertà fa paura.

«Dobbiamo affrontare l'emergenza con spirito solidale per andare sempre più incontro a chi è in difficoltà e le imprese sociali, ad esempio, sono un modello a cui guardare».

Il rischio è che la forbice della disuguaglianza si allarghi.

«Dobbiamo pensare a sistemi più inclusivi. Proteggere il nostro straordinario tessuto di artigiani, piccole e medie imprese che costituiscono il 90 per cento della nostra economia. Non con una logica assistenziale, ma di sostegno».

In concreto?

«Lo ripeto, semplificazione delle procedure, alleggerimento della burocrazia per mettere le imprese in condizione di ricominciare a lavorare. Ovviamente in assoluta sicurezza».

I bambini fanno lezione da casa, lei da ministro dell'Istruzione lanciò la sfida delle tre «i»: inglese, impresa, informatica. Oggi straordinariamente attuali.

«Se quel progetto si fosse portato a compimento, avremmo oggi molte meno difficoltà nella erogazione di formazione online a tutti».

Restano le disparità sociali.

«La difficoltà di territori connessi male e le differenze tra famiglie rischiano di creare delle disparità che non devono assolutamente esistere».

In Italia ci si muove solo nell'emergenza.

«Nelle criticità mettiamo in moto processi che altrimenti avrebbero tempi più lunghi».

Un suo ricordo dell'Expo.

«Dell'Expo ricordo la precisa volontà di riposizionare Milano sulla scena mondiale. Farle riconquistare quel ruolo che aveva perso e che ne ha fatto per tutti gli anni successivi il luogo dove essere».

Ne usciremo?

«Ne usciremo, ma dovremo ricostruire le nostre relazioni sociali su nuovi modelli di fiducia reciproca».

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