Cronache

L'imprenditore in carcere ad Abu Dhabi: "Mi torturano da mesi"

La telefonata choc di Massimo Sacco: "Chiama in radio. Il mio stato di salute è giunto ormai al collasso. Sono sottoposto a torture di ogni tipo"

L'imprenditore in carcere ad Abu Dhabi: "Mi torturano da mesi"

È rinchiuso in un carcere di Abu Dhabi dal marzo 2018. Massimo Sacco, imprenditore italiano residente da anni negli Emirati Arabi, è stato accusato di traffico internazionale di stupefacenti. L'uomo nega ogni addebito e denuncia: "Sottoposto a torture di ogni tipo. Sto morendo, ho i giorni contati".

La telefonata

"Ho delle novità ma non sono buone. Mi hanno portato in ospedale. Sei la luce mia, ascoltami bene, gira questo messaggio all'avvocato. Mi hanno preso a botte fino ad ora per fare questa telefonata". Inizia così l'ultima chiamata dell'imprenditore alla compagna, Monia Moscatelli. La donna, come richiesto da Sacco, ha consegnato la registrazione della telefonata a Roberto Arduini e Andrea Di Ciancio, conduttori del programma I Lunatici su Rai Radio2.

"Il mio stato di salute è giunto ormai al collasso, ho perso 13 chili in 15 giorni. Sono stato sottoposto a un esame del sangue che dimostra la presenza di una devastante microcitemia - ha affermato -. Il direttore del carcere gioca da tre mesi con la mia vita, sono stato sottoposto ad una ecografia alla milza che sta assumendo delle dimensioni spropositate. Rischio che a breve la mia malattia si trasformi in una leucemia. La situazione è diventata drammatica e solo adesso stanno cercando di metterci una toppa. Ormai è tardi! Vorrebbero curarmi dandomi del ferro, ma questo equivarrebbe a condannarmi a morte. I dottori degli Emirati Arabi non sanno neanche cosa sia la microcitemia, che pur essendo una grave forma di anemia non va in nessun modo curata con il ferro".

"Ho rifiutato i farmaci - ha continuato Sacco - ma stato sottoposto a torture atroci da parte delle guardie carcerarie, riportando contusioni in tutto in corpo, incrinazione di tre costole, scosse elettriche ai genitali. Mi hanno lasciato quattro giorni all'aperto. Il testicolo sinistro ha assunto le dimensioni di un'arancia, mi procura un dolore atroce e mi impedisce di camminare. Io spero di poter tornare quanto prima in Italia, sempre che non muoia in carcere. Sono in carcere da 12 mesi, senza nessuna sentenza, senza alcun diritto umanitario. Ho subito botte, soprusi, angherie".

I fatti

Massimo Sacco ha ricostruito poi la sua storia. "Al momento dell'arresto ero titolare unico di una società di ristrutturazione negli Emirati con appalti milionari. Dopo il mio arresto, con accusa di traffico internazionale di stupefacenti, per 10 grammi di cocaina, senza nessuna prova oggettiva, hanno fatto di tutto per farmi confessare. Ho subito ricatti e botte atroci".

L'uomo ha denunciato nella telefonata anche le violenze subite dalla compagna. "Hanno costretto anche la mia compagna, del tutto estranea alla vicenda, a spogliarsi nuda davanti a 10 agenti, tutti uomini, l'hanno costretta ad andare con loro in carcere per una intera notte, il tutto per estorcere a me una falsa dichiarazione, per farmi dire in cambio del suo immediato rilascio che quella droga l'avevo presa in Italia".

Infine la richiesta alla compagna Monia. "Chiama in radio, cerca di smuovere qualcosa. Io sto morendo. Non c'è più tempo. Ho i giorni contati, ho i giorni contati. Ti amo da morire, prova a salvare la mia vita. Vengo a casa lungo.

Aiutami".

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