Cronache

"Qui a Londra è possibile campare da freelance"

Luca Bocci: "Le imprese pagano, in orario, senza costringerti a penosi salti mortali per ottenere quanto ti spetta. Questo perché il sistema legale funziona, perché un'azienda furbetta chiuderebbe in cinque minuti"

"Qui a Londra è possibile campare da freelance"

Giornalista, capo redattore del desk italiano di Omnisport, una delle principali agenzie video sportive al mondo, Luca Bocci lavora a Londra dal gennaio 2011.

Perché hai lasciato l'Italia?
Avevo già lasciato l'Italia nel 2007 per lavorare a Francoforte presso la Nintendo, tornando poi per completare gli studi e tentare di crearmi una carriera in Italia. Sono qui perché mi hanno offerto una posizione fissa, decentemente retribuita anche se non garantita a vita come in Italia. Nel nostro paese un posto del genere per un giornalista è semplicemente un miraggio, specialmente se non si dispone di santi in paradiso o parentele importanti.

Ora come ti trovi?
Il lavoro in un'agenzia è pesante, turni dalla mattina presto alla notte inoltrata, fine settimana non esistenti, ma le soddisfazioni non mancano. Costruirsi una vita "regolare" è complicato, la tentazione di adattarsi al tran tran casa-lavoro è forte, specialmente per chi lavora lontano dal centro città. Vivere in Inghilterra non è affatto difficile o complicato, a patto di parlare bene la lingua e conoscere la cultura e le tante idiosincrasie da "isolani" degli inglesi.

Avevi valutato altri Paesi/soluzioni?
Il mio trasferimento non è stato il frutto di un processo, di una ricerca personale. Semplicemente è capitato che l'offerta di lavoro giusta arrivasse e che la sede di lavoro fosse a Londra invece che a Milano. Ogni tanto, magari dopo non vedere il sole per un paio di settimane, sogno di trasferirmi in America, ma le complicatissime normative statunitensi sembrano fare di tutto per scoraggiarti. Magari succederà in futuro, chi lo sa, o forse riuscirò a trovare il modo di trasferirmi in Australia, altro paese che mi ha sempre affascinato. Tutto sommato, però, se dovessi restare qui a Londra ancora a lungo, certo non piangerei.

Ti pesa essere andato via dall'Italia?
Leggendo quel che succede, vien voglia di accendere un cero alla Madonna che mi ha fatto fuggire prima che la situazione degenerasse. La lontananza dalla famiglia e dagli amici, ogni tanto, pesa ma la tecnologia aiuta. Quando ci si sente su Skype o su Whatsapp, conta poco se si sia a cento, mille o diecimila chilometri di distanza. In ogni caso il conto rimane amplissimamente a favore del Regno Unito.

Torneresti? A quali condizioni?
Onestamente, no. Il clima mefitico da stato di polizia fiscale, l'illegalità sempre più diffusa, le tasse nuove ogni cinque minuti, la retorica vuota della politica inconcludente, tutte cose che quando nasci e cresci in Italia dai per scontate, ti rovinano l'esistenza. L'invidia sociale, la piccineria di protagonisti piccoli e grandi, la mancanza totale di senso comune sono cose che non dovrebbero esistere in un paese moderno. Vivere senza doverti preoccupare che il prossimo demagogo ti estorca i miseri risparmi o che qualcuno ti entri in casa e tu non possa neanche cacciarlo non ha prezzo. Alla faccia del sole, del mare e della buona cucina, che trovi anche in paesi meno schizofrenici e votati al cupio dissolvi.

Rimproveri qualcosa all'università italiana? E al nostro mercato del lavoro?
L'università italiana mi ha dato pochissima formazione professionale, quasi nessuna. Quella me la sono fatta per conto mio, con una proverbiale e lunghissima gavetta. In quanto a preparazione di base e cultura generale sono avanti anni luce rispetto ai colleghi stranieri, che spesso precipitano in abissi d'ignoranza spaventosi appena ci si allontana dalla materia che hanno studiato. Il problema è che non tutti hanno la possibilità di imparare le lingue all'estero o perdere tempo ad imparare come usare i programmi che usi quotidianamente. Il sistema è fondamentalmente ingiusto, visto che solo chi può permettersi corsi privati o lunghi soggiorni all'estero riesce ad essere competitivo. Sul mercato del lavoro non posso che dire tutto il male possibile ed immaginabile. Il culto del posto a vita rende l'esistenza impossibile a chi è fuori dai recinti di privilegio dei super-garantiti. Il miope sindacalismo estremista serve solo a rendere impossibile fare impresa e creare lavoro. La mia compagnia ha preferito far venire in Inghilterra giornalisti italiani piuttosto che aprire un ufficio in Italia. Altri commenti sono superflui, mi pare.

E a chi ci governa? Che suggerimento vorresti dare a chi governa oggi l'Italia?
Nessuno. La situazione è talmente deteriorata, gli interessi costituiti sono talmente potenti, le caste di privilegiati troppo organizzate ed il popolo troppo abituato a piegare la testa che non esiste via d'uscita. Le cose da fare sarebbero chiarissime: riduzione drastica delle competenze dell'amministrazione pubblica, deregulation selvaggia, pesanti tagli alla contribuzione diretta ed indiretta, dismissioni serie del patrimonio pubblico per colmare la voragine del debito. Le possibilità che si faccia anche solo un passo in questa direzione? Nessuna. Più della metà di chi campa alle spalle dei produttori di ricchezza andrebbe licenziato in tronco. Senza scivoli, senza paracadute, semplicemente cacciato, riducendo in parallelo l'inferno burocratico e legale, vera ragione che tiene le imprese straniere lontane dall'Italia. Per una classe dirigente che dal boom economico campa esclusivamente elargendo ad amici quote di spesa pubblica, che deve sempre crescere, anno dopo anno, una scelta del genere è fisiologicamente impossibile. Ecco perché il paese è un morto che cammina.

Secondo te ha qualche marcia in più ha il Regno Unito rispetto a noi nel campo di tua competenza?
Il fossato tra super-garantiti e sfruttati senza se e senza ma non esiste. I giornalisti qui non sono privilegiati, ma semplici professionisti, con stipendi dignitosi ma niente più. Qui è possibile campare anche da freelance, prendendosi tempo per progetti personali, lasciare un posto fisso per un anno sabbatico e riuscire a tornare. Le imprese pagano, in orario, senza costringerti a penosi salti mortali per ottenere quanto ti spetta. Questo perché il sistema legale funziona, perché un'azienda "furbetta" chiuderebbe in cinque minuti. Lavorare qui ti abitua alla serietà, alla precisione. Se non hai i diritti per trasmettere brani di un evento sportivo, non vai su Youtube e li usi comunque. Le zone grigie ci sono, ma sono infinitamente inferiori all'Italia. Stesso discorso per voci, rumors e roba del genere. Non si pubblica senza verificare, rischiando magari il "buco", ma senza verifiche non si pubblica. In Italia... lasciamo perdere che è meglio.

Come ti vedi tra dieci anni? E come vedi l'Italia tra dieci anni?
Non ho la più pallida idea di dove sarò tra dieci anni. Probabilmente non lavorerò per questa ditta. Probabilmente farò un lavoro diverso e sarò in un altro paese. Spero negli Stati Uniti ma non ne ho idea. Il bello è anche questo, l'avere ancora possibilità e strade da percorrere anche a 42 anni, quando in Italia hai già sotterrato i tuoi sogni da un pezzo. L'Italia tra dieci anni non voglio nemmeno immaginarla. Ho l'orribile sensazione che diventerà un posto ben più infernale di quanto già non sia. Troppi cattivi maestri in giro, troppa gente che predica soluzioni finali senza che nessuno si decida a fermarli. Roba del genere si vedeva a Weimar negli anni '20. Sappiamo tutti com'è andata a finire.

Sulla base delle tue esperienze internazionali, quali ritieni che sia il principale gap dell'Italia a livello europeo?
Un sistema parassitario ipertrofico che ormai ha perso ogni ritegno ed ogni controllo, disposto a travolgere tutto e tutti, anche uccidendo il proprio ospite, pur di continuare a banchettare sulle sofferenze altrui. Il resto dei disastri italiani è solo una conseguenza di questo partito trasversale del privilegio, arrivato a livelli di distacco dalla realtà da ancien regime.

Le conseguenze saranno le stesse di allora e altrettanto gravide di disgrazie.

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