Economia

L'ultima furbata dell'Ingegnere: scippare Repubblica ai figli

L'ultima furbata dell'Ingegnere: scippare Repubblica ai figli

Con il senno di poi, dal recente intervento di Carlo De Benedetti in tv, un mese fa, alla ripresa del programma di Lilli Gruber Otto e mezzo, si poteva immaginare che l'ingegnere covasse qualcosa. Il quasi 85enne imprenditore-finanziere che ha lasciato le scene nel 2009 e che nel 2012 ha regalato ai tre figli tutte le sue azioni dell'impero Cir, il 9 settembre scorso aveva in corpo una notevole energia. Di politica - attaccando il suo ex amico Renzi e sparando a zero sul governo che era appena nato - e di editoria, non ha certo parlato da «ex». Col senno di poi, quel suo appassionato richiamo al ritorno di Repubblica al ruolo che compete a un grande quotidiano di sinistra poteva essere un segnale.

Tuttavia, in quest'ultimo weekend, in casa Cir (la holding ora nelle mani dei figli) sono rimasti tutti sorpresi: che De Benedetti si lanciasse alla riconquista di un ruolo (e un'azienda editoriale) lasciati da tempo non se l'aspettavano. Anche perché non può sfuggire lo spirito poco amichevole dell'iniziativa: l'offerta per il controllo è fatta a un prezzo che corrisponde al minimo storico delle quotazioni dell'ex gruppo Espresso; oltretutto, senza Opa per gli altri azionisti e a condizione che lascino subito il cda i consiglieri di nomina Cir (tra cui i due figli Marco e Rodolfo) e che la stessa holding ceda entro un anno anche tutte le azioni rimanenti (circa il 13%). Come poteva mai pensare l'Ingegnere che Cir accettasse? E come poteva non immaginare che il titolo Gedi, da oggi, finirà sugli scudi, alzando la posta? Non a caso Rodolfo ha ieri detto di essere «profondamente amareggiato e sconcertato dall'iniziativa di mio padre», una «distrazione di cui non si sentiva il bisogno».

In casa Exor, la finanziaria degli Agnelli che controlla il 5% di Gedi, la cosa viene considerata una questione interna alla famiglia De Benedetti. E il punto è proprio questo. Il lancio dell'offerta ha tutto il sapore di un'operazione di disturbo rispetto ai programmi che Marco De Benedetti (presidente di Gedi) e Rodolfo (presidente di Cir) avrebbero rispetto all'editoria. E cioè quelli di disfarsene.

Nella convinzione che si tratti di un settore in declino irreversibile, la Cir punterebbe a trovare un compratore per il suo 43% di Gedi. In proposito si sa che in questi mesi sono arrivate diverse manifestazioni d'interesse e qualche pour parler. Sono circolati i nomi di Feltrinelli, di Flavio Cattaneo e Luca di Montezemolo con un private equity, del gruppo Vivendi. In ogni caso non è mai stata presentata alcuna offerta. Mentre sullo sfondo esiste sempre la possibilità - anche in questo caso mai ufficializzata - che sia la stessa Exor a rilevare la quota Cir e lanciare l'Opa. Ebbene, di fronte a eventualità di questo tipo, De Benedetti si muoverebbe rappresentando il ritorno alle origini più autentiche del gruppo. In questa chiave c'è chi inserisce anche la genesi delle ultime due direzioni di Repubblica: quella di Mario Calabresi, voluto da Elkann alla Stampa, sarebbe stato subita dall'Ingegnere al momento della nascita di Gedi. Mentre Carlo Verdelli, subentrato a Calabresi lo scorso febbraio, sarebbe stato fortemente sponsorizzato, se non proprio scelto, dallo stesso De Benedetti.

Resta però inverosimile pensare di portarsi via il gruppo Gedi a 25 cent per azione: a questi prezzi l'intero gruppo vale meno di 130 milioni e per il 29,9% ne bastano meno di 38. Può essere che l'Ing. abbia provato a fare il colpaccio.

Ma è più facile immaginare che con questa mossa ne abbia mandato a monte un altro.

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