Cronache

L'uso della nave madre da parte degli scafisti non è affatto una novità

Venerdì la procura di Agrigento blocca nove scafisti e viene sequestrato un peschereccio definito come "nave madre" per piccoli barchini, che poi toccano terra lungo le coste italiane. Una tecnica non affatto nuova e già in passato nel mirino degli inquirenti

Una foto dell'operazione del novembre 2018
Una foto dell'operazione del novembre 2018

Desta non poco clamore l’operazione resa nota dalla procura di Agrigento nella giornata di venerdì, nella quale oltre a procedere con l’arresto di sette scafisti (che si vanno ad aggiungere ad altri due fermati in un’altra operazione ravvicinata) si pone sotto sequestro una cosiddetta “nave madre”.

Un peschereccio che traina un barchino il quale, non molto lontano dalla costa (ma nemmeno tanto vicino) viene sganciato per farlo arrivare autonomamente a Lampedusa. Il video registrato da un drone dell’operazione Frontex, immortala questa situazione: si nota, in particolare, il peschereccio più grande con a bordo gli scafisti, alcuni egiziani ed altri libici, il quale traina il barchino di legno con almeno 81 migranti stipati al suo interno.

Un video che desta ovviamente scalpore, ma che sembra anche arrecare con sé nell’opinione pubblica un certo “effetto sorpresa”. Eppure non è la prima volta che questo accade e viene notato dalla stessa procura di Agrigento.

Lo scorso 26 novembre ad esempio, al quinto piano del palazzo che ospita gli uffici della procura della città dei templi si tiene un’importante conferenza stampa. Sul tavolo dinnanzi il procuratore Luigi Patronaggio, sono posizionate alcune foto che ritraggono la stessa scena visionata nelle immagini diffuse nelle scorse ore: in particolare, si nota un peschereccio che traina una piccola imbarcazione.

In quel caso quest’ultimo natante sembra vuoto: i migranti a bordo infatti, vengono stipati all’interno della stiva, per evitare che proprio i mezzi aerei della Frontex possano notare la loro presenza.

L’operazione dello scorso novembre, coordinata dalla procura agrigentina e svolta dalla Marina Militare a dalla Finanza, è la prima del genere ed è una delle più importanti nella storia del contrasto all’immigrazione clandestina. Infatti è la prima prova tangibile che, dietro il fenomeno degli sbarchi fantasma e degli approdi lungo le spiagge di Lampedusa e della Sicilia meridionale, vi sia la presenza di una “nave madre”.

Contrariamente a quanto detto a più riprese nelle scorse ore, la tecnica di un peschereccio che poi molla il barcone a poche miglia dalla costa non è affatto nuova. A novembre il procuratore Patronaggio, in un’intervista proprio a margine di quella conferenza stampa, parla dell’importanza di quell’intervento investigativo peraltro molto rischioso: la nave madre in quel caso viene bloccata a poche miglia dalle acque territoriali tunisine al culmine di un lungo inseguimento in mare.

“Questa procura – rivendica Patronaggio durante l’incontro con i giornalisti di novembre – Ha sempre avuto grande attenzione verso il contrasto dell’immigrazione. Voglio ricordare che proprio da qui lo scorso anno è partito l’allarme sul rischio terrorismo derivante dagli approdi lungo le coste agrigentine. Gli sbarchi fantasma non ce li siamo inventati noi”.

Il vantaggio per le organizzazioni criminali di questo tipo di sbarchi, è multiplo: in primis, i veri scafisti hanno la possibilità di scappare trovando una via di fuga nelle acque internazionali, in questa maniera arrivano più facilmente nel porto di partenza lungo le coste libiche. In secondo luogo, è possibile utilizzare lo stesso mezzo per più traversate, “sacrificando” soltanto piccole imbarcazioni di legno. Infine, gli scafisti evitano di scendere assieme ai migranti con il forte rischio di essere poi identificati ed arrestati.

Già da anni vige forte il sospetto delle azioni di navi madri nel Mediterraneo. Semplicemente venerdì si ha un’ulteriore conferma di questa modalità. Il clamore mediatico è forse più dettato dall’attuale braccio di ferro politico tra la nave Sea Watch 3 ed il governo italiano, con la procura di Agrigento più volte accusata in questo contesto di avvantaggiare indirettamente l'organizzazione non governativa. L'operazione in sé però, non rappresenta alcuna vera novità.

Intanto, a proposito di sbarchi fantasma, il bel tempo oramai tipicamente estivo lungo le coste del Mediterraneo centrale pone molti timori soprattutto nella fascia costiera agrigentina. In particolare, vi è lo spauracchio dell’estate del 2017, quella caratterizzata da numerosi sbarchi fantasma che durante i mesi di quella stagione raggiungono ritmi anche di due o tre al giorno.

Sbarchi che, in più occasioni, destano l’attenzione degli investigatori delle procure siciliane e dell’anti terrorismo.

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