Sgarbi quotidiani

La manutenzione che salva la vita

La manutenzione che salva la vita

Nella fluviale quantità d'interventi violenti, polemici, autocelebrativi delle diverse parti politiche ed istituzionali, sul crollo del ponte di Genova, è assente completamente la riflessione sul tema fondamentale, che è la vera causa della morte dei cittadini che si sono trovati in quel momento nel dramma in atto. La questione essenziale è quella della vita e della morte degli edifici, da cui può derivare il destino degli uomini. La vera tragedia degli ultimi 60-70 anni è la speculazione edilizia di cui sono parte le opere pubbliche, le cosiddette infrastrutture, costruite in cemento armato, che tutti gli ingegneri sanno avere un ciclo di vita che non va oltre i 60-70 anni.

Dobbiamo quindi considerare che il crollo di Genova è solo un avviso, e che il tempo di vita della maggior parte delle nostre infrastrutture è finito. E, dal momento che il cemento armato è stato utilizzato per scuole, condomini, chiese e centri sociali, ognuno di questi edifici è minacciato. Alcuni (si ricordi il cedimento della scuola di San Giuliano in Molise) sono già caduti, e altri, elevati senza garanzie, sono fortemente minacciati. Imminente è il crollo inevitabile (qui eloquentemente documentato) del viadotto autostradale, al ponte zona Stura, sulla Torino-Savona. Domani? Fra un mese? Fra sei? E intanto, che fare? Chiudere l'autostrada? Contingentare il flusso?

La competenza dei tecnici e la dura denuncia del presidente dell'Ordine degli Architetti della provincia di Messina, Nino Falsea, dovrebbero determinare una politica di vasta manutenzione da parte del governo che, ad evidenza, è già in ritardo.

Così come quello del patrimonio culturale, il tema della conservazione degli edifici moderni è stato totalmente assente in tutti i programmi politici dei partiti alle ultime elezioni.

Il caso di Genova impone la manutenzione delle città, anche con interventi radicali di sostituzione edilizia, e di tutte le opere pubbliche e infrastrutturali. Per non trovarci, senza aver fatto nulla per salvarci, sotto un ponte.

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