Cronache

"Mentre papà moriva in strada lo hanno derubato"

La denuncia choc dei figli di Oreste Giagnotto, il 58enne morto a Torino dopo l'incidente provocato da un furgone guidato da una giovane rom

"Mentre papà moriva in strada lo hanno derubato"

"Mentre mio papà moriva, lo hanno derubato". Il racconto, drammatico, lo fa Gemma Giagnotto, figlia di Oreste, ucciso il 12 maggio scorso da una ragazza rom. Più che un racconto si tratta di una denuncia, di un grido di dolore. Frutto di quella fitta che colpisce il cuore di chi non ha più un padre.

La morte di Oreste

Era il 12 mggio scorso quando Oreste Giagnotto, 58enne di Torino, stava guidando tranquillamente la sua motocicletta lungo la strada Aeroporto che collega il capoluogo piemontese a Borgaro. Impovvisamente spunta un fugone bianco, fa inversione a "U" e per Oreste non c'è scampo: lo schianto, il volo di qualche metro, la morte. La nomade 21 enne che era alla guida del mezzo scappa, lascia l'uomo agonizzante sull'asfalto, si disinteressa. Poi pare ravvedersi e torna indietro, costituendosi. Il Gip che ne ha disposto la detenzione in carcere ha detto, come riporta CronacaQui, che la donna ha dimostrato "intolleranza alle leggi" e di essere "spregiudicata nel porre in essere tali comportamenti", manifestando "freddezza e indifferenza subito dopo l'incidente". "Qualora fosse posta nelle condizioni di tornare in libertà - ha sentenziato il Riesame - ricadrebbe nel reato".

La denuncia della famiglia

Gemma e il fratello Antonio ritengono il gesto della rom un "assassinio". Lo hanno scritto sugli striscioni portati in piazza nei giorni scorsi per chiedere la "chiusura dei campi rom". Ma a girare il pugnale in una ferita che forse non si rimarginerà mai c'è pure quel sospetto che qualcuno abbia derubato il povero Oreste morente. "Appena arrivati sul luogo - racconta la figlia a ilGiornale.it - volevano portarlo via subito e mia madre gli ha toccato le tasche dei pantaloni per recuperare almeno un portamonete a cui lui era molto affezionato". Nei momenti di dolore ci si aggrappa a tutto, per conservare almeno un simbolo che tenga acceso il fuoco del ricordo. "Volevamo per noi alcuni suoi oggetti - continua - invece non c'era nulla".

Oreste quel portamonete lo portava sempre con sé. E forse aveva in tasca pure una discreta somma di denaro. "Era appena andato via dal Caf in cui aiutava un amico - ricostruisce Gemma - Come ogni venerdì aveva preso i soldi della cassa. Li aveva di sicuro in tasca, con i documenti e con il portamonete a molla che usava da trent’anni. Ma è tutto sparito. L’hanno derubato, mentre mio padre era agonizzante sull’asfalto, mentre mio padre stava morendo". Senza nessuna pietà. "Le banconote le teneva in tasca con i documenti, ma sono stati trovati soltanto due mazzi di chiavi e il portapastiglie con le medicine che prendeva per il cuore". Nient'altro. Quello della famiglia Giagnotto è più di un sospetto. Non sanno chi possa essere stato. Ma hanno motivo per credere che quei soldi li avrebbero dovuti trovare lì, vicino al corpo esanime del loro papà. "In mezzo ai soldi di carta - continua la figlia di Oreste - mio padre usava tenere dei biglietti da visita dove annotava numeri o altro: se fossero caduti ne avremmo trovati almeno una decina per terra, invece mancava proprio tutto il blocchetto fatto dei soldi, dei documenti e dei bigliettini".

Neppure la polizia ha trovato nulla. Nei verbali degli agenti non c'è traccia di quanto Oreste avrebbe dovuto avere con sé. "Abbiamo chiesto a tutte le autorità se avevano preso loro qualcosa - racconta Gemma - ma assicurano di non aver toccato nulla. In fondo il resto della roba era al proprio posto...". La famiglia ha sporto denuncia formale, per ora inutilmente. "Sono state fatte delle indagini, ma nulla è comparso. Il funzionario di polizia che ci ha richiamati era interdetto da quando accaduto, quasi mortificato".

Oggi ad Antonio e Gemma resta la rabbia. Rabbia e dolore. "Quella rom ha commesso un crimine orrendo", gridano.

Perché quello è che successo "deve essere chiamato col nome giusto: omicidio".

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