Cronache

Milano, dal campo rom alle gioiellerie: la tratta dell'oro rubato dalle case

Le indagini stanno ricostruendo il traffico dell'oro rubato dalle case: fuso nei campi rom viene "reinvestito" grazie alla complicità delle società di sicurezza che "affittano" i blindati

Milano, dal campo rom alle gioiellerie: la tratta dell'oro rubato dalle case

Il mercato nero dell'oro rubato passerebbe per il campo rom di via Bonfadini e finirebbe nei laboratori artigiani grazie "all'aiuto" delle società dei furgoni portavalori: questo è quanto rivelerebbero le indagini in corso.

A ricostruire il traffico è il Corriere della Sera che scrive di aver incrociato fonti investigative, "voci del territorio" e indagini in corso in due regioni. Secondo la loro ricostruzione, l’oro rubato con i furti nelle case e ville di tutto il Nord Italia, spesso per mano di slavi, verrebbe portato nelle baracche del campo rom di via Bonfadini, nella periferia milanese verso la tangenziale Est.

All'interno dell’insediamento, poi l'oro sarebbe fuso e riconvertito in lingotti che, trasportati a bordo di furgoni portavalori di società pagate per i viaggi, finirebbero nei laboratori delle rinomate gioiellerie di Valenza, in provincia di Alessandria.

Le prime indagini sono partite a settembre quando, monitorando i movimenti a Valenza, che accanto a commerci regolari ha storicamente flussi illegali, alcuni furgoni blindati avevano attirato l'attenzione degli inquirenti. I mezzi, scrive il Corriere, anche fuori dagli orari di lavoro, raggiungevano laboratori già "sospetti", poi sulla strada del ritorno variavano il percorso con prolungate soste nelle aree di servizio, probabilmente, per incontrare i contatti e forse consegnare la "merce" ai mediatori dei boss.

Ora le indagini partite da Valenza puntano a capire la ramificazione della rete, a partire dalla responsabilità delle società di sicurezza che garantiscono ai rom il trasporto dell’oro. Gli inquirenti puntano a capire se si tratta di singoli lavoratori collusi con i malavitosi o se esiste un coinvolgimento maggiore all'interno delle aziende.

Secondo il quotidiano, nell'insediamento "provvisorio" di via Bonfadini, che si presterebbe anche a deposito di armi provenienti dall’ex Jugoslavia poi vendute sia a italiani che a stranieri, vivrebbero in maggioranza rom italiani, arrivati dall’Abruzzo negli anni Sessanta, quasi tutti con precedenti di giustizia. Un posto dove le forze dell’ordine, se vogliono entrare, devono muoversi in forze.

Accertamenti patrimoniali hanno permesso di scoprire che alcuni dei capi dell’insediamento hanno consistenti proprietà in provincia e ville a più piani, eppure passano ancora molte ore del giorno e della notte nelle baracche a "presidiare" il campo per impedire agli "sbirri" di "ficcare il naso".

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