Cronache

A Musi di Lusevera, dove i profughi sono più degli italiani

In provincia di Udine il prefetto ha inviato otto richiedenti asilo in una frazione che conta appena sei residenti. Senza nemmeno informare il sindaco in anticipo

A Musi di Lusevera, dove i profughi sono più degli italiani

Da Musi di Lusevera (Udine)

Difficilmente gli abitanti di Musi di Lusevera, in provincia di Udine avrebbero pensato di conquistarsi le prime pagine dei giornali nazionali. Eppure ce l'hanno fatta, grazie alla prefettura udinese, che dal primo gennaio ha collocato otto richiedenti asilo afghani e pachistani in un abitato che conta appena sei residenti.

Siamo andati a visitare questo borgo che sorge a breve distanza dalle sorgenti del fiume Torre, alle pendici delle belle Prealpi Giulie. Una chiesa, poche case, qualche prefabbricato ancora in piedi dal terremoto del 1976. Una grande casa della cooperativa "Pinocchio" di Brescia che ospita i profughi. A farci da Cicerone è Guido Marchiol, il sindaco di centrosinistra di Lusevera che tenta di gettare acqua sul fuoco. Perché le polemiche, inevitabilmente, sono state aspre.

L'arrivo dei profughi è stato accolto con diffidenza dai locali, che non sono stati avvisati e guardano i nuovi venuti con sospetto. "Saranno anche bravi ragazzi - ci spiega la signora Gattino, stringendosi nel pullover sulla soglia di casa - Ma io certo non vado a conoscerli. Loro fanno la loro vita, io la mia e ciascuno per la sua strada." Le fa eco Odorico, che abita a pochi metri di distanza: "Certo, da quando sono arrivati i profughi non lascio più la porta di casa aperta, ma la mia rabbia va allo Stato italiano. Qualche tempo fa ho mi sono rivolto agli assistenti sociali per trovare un impiego e tutto quello che hanno saputo suggerirmi è stato di vendere la casa. Mentre gli stranieri hanno vitto e alloggio pagato. Le sembra giusto?", sbotta allargando le braccia.

Loro, i richiedenti asilo - o, come li chiama il sindaco, i "ragazzi" - sembrano abbastanza spaesati. Dicono di essere contenti, ma è facile immaginare che preferissero stare a Udine, dove frequentavano un corso d'italiano e iniziavano un percorso d'inserimento nella società. Qui a Musi non possono fare altro che mangiare, dormire e giocare a cricket. Al paese non arriva nemmeno la corriera, mentre il supermercato più vicino è a oltre dieci chilometri.

Il sindaco Marchiol ci mette la buona volontà: domenica ha organizzato un pranzo tra profughi e residenti, nella speranza di farli socializzare. "E comunque - conclude - A febbraio dovrebbero tornare a Udine, a meno di sorprese". Peccato che anche lui, come tanti sindaci in Italia, si sia visto arrivare i profughi senza che nessuno, dalla prefettura, lo abbia avvisato prima. Ad informarlo dell'arrivo dei "ragazzi" è stato il giornale locale.

@giovannimasini


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