Cronache

National Geographic buonista: "Per anni siamo stati razzisti"

Il celebre magazine americano ha pubblicato un inaspettato esame di coscienza dal taglio buonista. Perché "per superare il nostro passato, dobbiamo riconoscerlo"

National Geographic buonista: "Per anni siamo stati razzisti"

"Per decenni i nostri reportage sono stati razzisti". Inizia così il mea culpa di National Geographic. Il celebre magizine americano ha pubblicato un inaspettato esame di coscienza in occasione dei 130 anni di attività. Un Je m'accuse piuttosto raro, soprattutto se a farlo è una rivista publicata in moltissimi Paesi e tradotta in ben 31 lingue diverse.

Il caporedattore Susan Goldberg racconta in questo lungo editoriale come, nel corso degli anni, si sia scivolati spesso in affermazioni razziste. Il mensile fondato nel 1888 ha chiesto a John Edwin Mason, professore all'Università della Virginia specializzato in storia della fotografia e storia dell'Africa - di tuffarsi negli archivi del National Geographic. E le sue conclusioni sono state piuttosto chiare: "Fino agli anni '70, il National Geographic ha quasi ignorato le persone di colore che vivevano negli Stati Uniti, e raramente ha riconosciuto loro uno status se non quello di lavoratori e domestici", scrive Golberg riassumendo la ricerca dell'esperto.

La rivista ritraeva infatti i "nativi" di altri Paesi come personaggi esotici, spesso nudi, nelle vesti di cacciatori-raccoglitori selvatici. Insomma, tutto ciò che è cliché. Diversi decenni fa, inoltre, le foto dei "nativi" che ammiravano le macchine fotografiche o le macchine dei reporter bianchi erano molto frequenti nel mensile. E le popolazioni non bianche erano quasi sistematicamente tagliate fuori da ogni narrazione.

Un altro esempio: un rapporto scritto nel 1916 in Australia. "Sotto diverse immagini di aborigeni leggiamo questa descrizione: 'Due negri dell'Australia meridionale: questi selvaggi sono tra i meno intelligenti di tutti gli esseri umani'".

Il ricercatore John Edwin Mason si riferisce poi a un rapporto sul Sud Africa degli anni '60. In questo articolo si menziona a malapena il massacro di 69 persone di colore da parte della polizia. "Nessuna nero sudafricano è rappresentato nell'articolo. Questa assenza è significativa quanto tutte le parole stampate. Gli unici neri rappresentati nella rivista sono personaggi che si esibiscono in danze esotiche ... o servi o operai. È strano, infatti, prendere in considerazione ciò che gli editori dell'epoca volevano mostrare, consapevolmente o meno", osserva lo scienziato nell'editoriale. "Mi fa male condividere questo terribile stato delle cose che fa parte della storia della rivista.

Ma dobbiamo fare questo esame di coscienza prima di poter considerare quello degli altri", conclude Susan Goldberg.

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