Cronache

"Non perdono chi ha ucciso mio figlio"

Il killer del tribunale di Milano chiede scusa, proprio come l'aggressore del machete. Ma le mamme non ci stanno: parole ipocrite

Claudio Giardiello
Claudio Giardiello

Mamme che non perdonano. E poco importa se sono le madri delle vittime o dei carnefici. Accomunate da scuse stonate. Che suonano peggiori delle offese. Scuse magari finalizzate a un opportunistico sconto di pena. Come, forse, quelle appena chieste da Claudio Giardiello e da Josè Martinez. Il primo è il 57enne italiano che lo scorso 9 aprile ha fatto irruzione nel tribunale di Milano uccidendo tre persone (e ferendone altre due); il secondo è 19enne salavadoregno che due settimane fa, con un colpo di macete, ha quasi staccato un braccio a un capotreno «colpevole» di avergli chiesto il biglietto. Giardiello, uomo di mezza età, e Martinez, poco più che adolescente, dopo le loro «imprese» - in fase di «rielaborazione del gesto», direbbero gli psicanalisti - hanno usato le stesse parole: «Chiediamo scusa per quanto abbiamo fatto...». Attenzione, non hanno detto: «siamo pentiti», ma «chiediamo scusa». Non è una differenza da poco. Considerato che il pentimento ha a che fare con il peso grave dei drammi, mentre le scuse si riservano per lo più al peso lieve della marachella. I familiari delle vittime di Giardiello hanno mostrato di comprendere appieno la differenza e infatti si sono indignati all'unisono: «Si chiede scusa se una persona ti schiaccia inavvertitamente un piede, non se ti uccide senza motivo il figlio, il marito o la madre...». Stessa reazione da parte dei cari del controllore mutilato da Martinez: «Quel ragazzo ha detto che voleva solo spaventarlo, non fargli del male... e se voleva fargli del male, cosa faceva, lo decapitava?». Oggi Giardiello dice di sentire «un vuoto dentro». Ma «il vuoto» che ha provocato in tre famiglie lo ha già dimenticato? La moglie del giudice ucciso, la madre dell'avvocato ammazzato e il figlio dell'imputato trucidato, dopo il lutto che ha irrimediabilmente sconvolto le loro esistenze, si sono comportati con una dignità esemplare. Dalle loro bocche non è mai uscita una parola di rabbia (che pure sarebbe stata giustificata); ma farsi prendere in giro col formalismo delle «scuse» di facciata, no: questo proprio no. «Se Giardiello - dicono - è sinceramente pentito, siamo felici per lui: il pentimento è un balsamo sulle piaghe del rimorso. Noi, in futuro, potremmo perfino pensare di perdonarlo, anche se col suo gesto ci ha strappato l'anima. Pretendiamo però che il nostro dolore venga rispettato. Ma quel “chiederci scusa“ è l'esatto contrario...». Sul punto sembrano d'accordo perfino i familiari più stetti dei due «colpevoli», Giardiello e Martinez. La moglie di Giardiello è dura col marito: «Per ciò che ha commesso, chiedere scusa non basta di certo. Claudio deve pagare, sia in termini giudiziari sia sotto il profilo del rimorso umano». Neppure la mamma di Martinez fa sconti al figlio: «Con quella pazzia ha rovinato un pezzo importante della sua vita. È giusto che la società gli offra l'occasione di redimersi, ma dopo aver fatto i conti con la legge e, soprattutto, con la propria coscienza».

E che Dio abbia pietà di loro.

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