Cultura e Spettacoli

La "nuova" Rai di Freccero ricicla il solito Luttazzi

La "nuova" Rai di Freccero ricicla  il solito Luttazzi

Il «governo del cambiamento» offre un bel salto nel passato più infelice della tv di Stato. Le primizie sarebbero le seguenti: Carlo Freccero va al timone di Raidue dove era già stato in passato; il piatto forte del palinsesto è il ritorno del comico Daniele Luttazzi. La nuova Rai si presenta con volti vecchi, da reduci. Un minestrone risalente a oltre quindici anni fa non sarà saporito. Ma i 5 stelle hanno deciso di tornare al passato nella speranza che Carlo Freccero sia capace di dare un'anima culturale al populismo del Movimento. E infatti il direttore ha detto di voler fare una tv che esalti l'identità nazionale. Tu chiamalo, se vuoi, «sovranismo». Che fa rima con «populismo» e «santorismo».

Ieri Carlo Freccero ha presentato i nuovi programmi. L'ideona sarebbe appunto arruolare Daniele Luttazzi. Prendiamo la macchina del tempo per un attimo e fermiamoci al 2001. Il direttore di Raidue è Carlo Freccero. Il talk show Satyricon è condotto dal comico Daniele Luttazzi. Nella puntata del 14 marzo, l'ospite Marco Travaglio presenta il libro L'odore dei soldi, un atto di accusa contro Silvio Berlusconi e l'origine della sua ricchezza. Tra le mille insinuazioni, Berlusconi viene indicato come mandante occulto delle stragi mafiose. Piccolo problema: non c'è alcun contraddittorio. Mancanza grave. Berlusconi è il capo dell'opposizione e le elezioni politiche sono vicine. La trasmissione scatena un putiferio e Berlusconi dice un'ovvietà per la quale è criticatissimo: il servizio pubblico non può offrire spettacoli a senso unico, deve ascoltare tutte le campane. La polemica si trascina a lungo, coinvolge Enzo Biagi e Michele Santoro, passa per il famoso «editto bulgaro» e si conclude con il mancato rinnovo dei rispettivi programmi. Luttazzi fu arruolato da La7 ma anche nel canale privato le cose andarono male a causa di un volgarissimo sketch su Giuliano Ferrara, all'epoca tra i volti più noti proprio di La7.

Erano gli anni terminali del «santorismo» (Santoro è legatissimo a Freccero) che assomiglia al «populismo». La ricetta prevedeva: giornalismo schierato a sinistra finanziato dal canone degli italiani; protagonismo di conduttori narcisi convinti di essere veri capi-popolo; piazze anti-casta in collegamento. Si dirà che è sempre stato così. Ma proprio per questo motivo è lecito attendersi una sterzata verso un nuovo modello di intrattenimento e di informazione. Forse non è il caso di affidarsi proprio a Luttazzi, un comico rovinato dalla militanza a senso unico e dalla intransigenza morale (priva di solide basi, ma soprattutto priva di umorismo). C'è stato un periodo in cui Luttazzi faceva ridere, ad esempio quando teneva grottesche lezioni di educazione sessuale su Raitre. Poi è cominciata l'epoca dell'anti-berlusconismo obbligatorio e Luttazzi si è adeguato. Conduttori, comici, artisti, scrittori, da solerti impiegati di concetto, hanno timbrato in massa il cartellino che certificava la loro purezza anti-berlusconiana. Che anni strani. Le librerie erano piene di pamphlet contro Berlusconi pubblicati dalle case editrici di Berlusconi. La televisione era intasata da conduttori che si ritenevano più importanti delle loro stesse trasmissioni. I giornali erano zeppi di pensosi commenti sui barbari del centrodestra. Un martellamento quotidiano. Una noia mortale.

E anche una bella dose di rabbia quando nella cassetta della posta arrivava la cedola di pagamento del canone tv.

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