Cronache

OGGI STACCANO LA SPINA

N el nome della scienza, sei condannato a morte. Il condannato è Charlie, un bambino; il suo reato è di essere molto ammalato. Non vale la pena farlo vivere, nel vero senso della parola «pena»: penerebbe troppo lasciarlo vivere. Chi ha emesso questa terribile sentenza che gronda (...)

(...) da tutte le parti della più arrogante volontà di potenza è l'istituzione giuridica che porta pomposamente il nome di Corte europea dei diritti dell'uomo.

I genitori di Charlie hanno cercato in ogni modo di impedire l'omicidio del loro bambino decretato dai medici dell'ospedale, in cui il piccolo è ricoverato, e confermato dalla Corte europea che ha ritenuto giusto staccare la spina a cui è attaccato il piccolo.

L'accanimento terapeutico è detestabile per il solo pensiero che la vita possa dipendere da una macchina, pensiero che confligge con l'idea stessa di creazione - nascita e morte -, che venga concepita in senso sia laico sia religioso. Ma nel caso di Charlie, i genitori hanno disperatamente chiesto a tutte le autorità, possibili e immaginabili, di lasciare a loro il proprio bambino per tentare di curarlo altrove, negli Stati Uniti. Inflessibili i giudici, che sostenendo che ogni ulteriore cura danneggerebbe il bambino, lo fanno morire, evidentemente perché pensano di fargli del bene. Infatti scrivono: «Sottoporlo a una terapia sperimentale senza prospettive di successo, non produrrebbe alcun beneficio».

Un'insolente superbia culturale consente, dunque, a dei giudici di emettere una sentenza di morte in nome della scienza per il bene di un essere umano, di stabilire, perciò, quando è lecito vivere e quando morire, di sostituirsi alla volontà dei genitori di Charlie, di impadronirsi della vita residua del loro bambino.

Trovo che questo modo di pensare e giudicare esprima un devastante sentimento di potenza che oltrepassa il buon senso stesso della scienza medica. I genitori di Charlie chiedono di riavere dall'ospedale il loro bambino per provare a curarlo altrove: vietato! E se volessero portarlo a Lourdes? Apriti cielo: una bieca superstizione che la rinomata Corte europea per i diritti dell'uomo vieterebbe, naturalmente, per il bene del malato!

Viene calpestato il senso dell'umano: la scienza deve essere al servizio dell'uomo, non diventare padrona della sua vita. Quest'arroganza la si sperimenta quotidianamente nelle situazioni in cui viene chiamata in causa l'ingegneria genetica, disorientando o facendo perdere sia il significato della vita, sia il diritto di una persona di riflettere con la sua testa sul significato della propria vita. I genitori di Charlie potranno essere dei grandi ignoranti, ma nulla giustifica l'offesa, l'umiliazione inferte all'amore per il proprio bambino. Con che diritto ci si sostituisce alla loro volontà d'amore? Quello che deve rispettare il valore della conoscenza scientifica?

C'è poco da dire: la decisione di uccidere Charlie, di impedire ai suoi genitori di scegliere loro per il proprio figlio è ideologica, sottintende una esplicita visione politica dell'idea di progresso che la società deve seguire, perché, invece, lasciare che siano la famiglia, la persona a decidere è pensiero reazionario, oscurantista, soprattutto antieconomico. E, infatti, tenere in vita il piccolo Charlie costa troppo alla società. Noi, ovviamente, dovremmo essere grati, a chi pensa ai nostri soldi.

Il grande alleato di questo pensiero che si spaccia per essere aperto al progresso e all'emancipazione dell'essere umano, in grado di sottrarre la gente alle nebbie della superstizione e dell'individualismo, è la burocrazia giudiziaria. Ormai a essa si ricorre per risolvere il contenzioso tra individuo e società: e andrebbe anche bene se quella burocrazia non giudicasse ideologicamente in nome della propria idea di progresso, di scienza, di emancipazione.

Stefano Zecchi

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