Cronache

Ora le procure si schierano con i grillini

Repubblica decreta che il vento delle toghe ha cambiato verso. L'avvicinamento ai Cinque stelle attraverso il Fatto Quotidiano

Ora le procure si schierano con i grillini

La «stagione giudiziaria» viene e va, canterebbe Battiato, se si interessasse di vili temi come il rapporto tra toghe e politica. In assenza di cotanto cantore, tocca a Repubblica certificare che il vento politico delle toghe ha cambiato verso. E lo fa con un editoriale di peso, firmato da Gianluca Di Feo, il vicedirettore scelto da Mario Calabresi: «Disarmante e allarmante - scrive -, ci sono entrambi gli aspetti di questa nuova stagione giudiziaria nelle parole usate dal magistrato nel decidere l'arresto del sindaco di Lodi». La tesi del commento è semplice e si desume tutta dal titolo («Quelle manette a tutti i costi»): l'arresto è troppo per l'appalto per una piscina comunale che «offre nuoto e palestra a 30 euro al mese». Insomma una turbativa d'asta a fin di bene, ma il gip è manettaro. Al di là dei dubbi, anche fondati sul carcere, la frase da tenere a mente è «nuova stagione giudiziaria». Ma come? Non ci avevano ripetuto all'ossessione che i pm non agiscono per campagne, sono indipendenti e seguono solo il principio cardine dell'obbligatorietà dell'azione penale? Basta pescare negli archivi di Repubblica i soli articoli di Giuseppe D'Avanzo per ritrovare il refrain. Il quotidiano di Scalfari dunque registra la storica svolta delle toghe più politicizzate: il divorzio con la sinistra.

Nel 2001 l'allora Ds distribuiva davanti al Palazzo di giustizia di Milano volantini dal titolo: «Basta alla guerra del governo Berlusconi ai magistrati», sostenendo che «Noi che crediamo in una giustizia giusta e indipendente, ci battiamo perché la magistratura venga rispettata, tutelata, messa nelle condizioni di svolgere autonomamente il proprio lavoro». E ancora nel 2008 Veltroni, da segretario del Pd scansava l'accusa di essere il partito delle toghe ma piantava un paletto ben preciso: non si possono fare riforme della giustizia non condivise dai magistrati. Sono ormai foto d'archivio, sempre più sfocate, di un rapporto di amorosi sensi tra toghe e sinistra nato con Luciano Violante. Il Pd ha ancora il più alto numero di magistrati eletti, basti pensare che portò in Parlamento mezzo pool Mani pulite (Gherardo Colombo, Antonio Di Pietro, Gerardo D'Ambrosio). L'ultima generazione di magistrati-politici ha tentato di allacciare un rapporto con Renzi ma la scintilla non è mai scoccata. L'ex pm Michele Emiliano andò alla Leopolda, perfino Luigi de Magistris, vinte le primarie di Napoli, lanciò cenni d'intesa a Renzi. Oggi però de Magistris corre contro il Pd, Emiliano ha sfidato Renzi sulle trivelle e Felice Casson non ha rinnovato l'iscrizione al partito.

Ci sono tanti segnali che indicano che le toghe d'assalto guardino ora ai Cinque stelle come nuovo punto di riferimento. Il cuore mediatico di questo rapporto è il Fatto Quotidiano, il giornale più vicino alle procure ma anche ai grillini, con cui condivide ad esempio la battaglia contro i limiti alle intercettazioni. Il suggello delle nozze è l'elezione a capo dell'Anm di Piercamillo Davigo, fondatore di «Autonomia e indipendenza», la corrente della magistratura a più alto tasso di grillismo.

Il Pd renziano non ha visto arrivare il colpo e ha addirittura favorito la nascita di questa «nuova stagione giudiziaria» all'insegna dell'antipolitica. Tra i pochi casi in cui l'M5S si è piegato a fare accordi con il Pd c'è il voto congiunto in Commissione giustizia al Senato (2014) per bloccare il Ddl sulla responsabilità civile dei magistrati e quello per portare al Csm e alla Consulta i prescelti dai grillini (i giuristi Alessio Zaccaria e Franco Modugno). Un patto in cui il Pd sacrificò proprio lo storico padre del «partito dei giudici», Luciano Violante.

Mosse che Renzi potrebbe finire per rimpiangere.

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