Cronache

Pamela, Oseghale parla in aula "Ecco perché l'ho fatta a pezzi"

Il nigeriano accusato di aver stuprato, ucciso e sezionato Pamela Mastropietro parla in Aula: "Non l'ho ammazzata, ma l'ho fatta a pezzi perché non entrava in valigia"

Pamela, Oseghale parla in aula "Ecco perché l'ho fatta a pezzi"

"Davanti ai famigliari della vittima voglio dire che io non ho ucciso Pamela. Lei è morta a casa mia, ma io non l'ho uccisa: ci tengo a dirlo. Voglio pagare per il crimine che ho commesso, ma non per ciò che non ho fatto". Lo ha detto Innocent Oseghale nella dichiarazione spontanea che ha reso davanti alla corte d'assise di Macerata.

Il nigeriano, accusato della morte di Pamela Mastropietro, ha parlato in inglese leggendo alcuni fogli di carta, tradotti dall'interprete, ed ha ricostruito l'intera giornata del 30 gennaio 2018 senza discostarsi da quanto è già nei verbali dell'accusa e agli atti del processo. Da sempre sostiente di non aver né violentato, né ucciso la 18enne romana.

L'incontro con la ragazza sarebbe avvenuto ai Giardini Diaz di Macerata, dove Oseghale stava aspettando un amico che lo aveva chiamato "perché aveva bisogno di marijuana". La ragazza si sarebbe avvicinata per chiedere un accendino: "Mi ha offerto una sigaretta e mi ha chiesto se avevo della roba", ha detto. Lui aveva marijuana e lei avrebbe voluto eroina. "Mi ha seguito", ha proseguito, "Lei mi implorò di aiutarla e mi offrì una prestazione sessuale in cambio di un aiuto nel reperimento dell'eroina". Così sarebbe avvenuto a Fontescodella un primo rapporto "senza protezione" al termine del quale lo spacciatore si è interessato per recuperare l'eroina.

"Ho chiamano Awelima, che mi ha suggerito di sentire Desmond, che al telefono mi disse di andare all'Eurobet di via Roma", ha raccontato. Poi avrebbe portato la giovane in via del Velini: "Desmond ha dato l'eroina a Pamela, che ha pagato con 30 euro. Poi Pamela mi chiese di venire con me, perché aveva un problema e doveva andare a Roma alle due". La ricostruzione che Oseghale fa in aula del percorso verso Via Spalato è lucido: la sosta al negozio di articoli africani, poi al supermercato "per acquistare latte, brioche e della pasta, che lei avrebbe preparato uno volta a casa". Un'altra sosta, però, i due la fanno in farmacia per acquistare una siringa, che Oseghale non aveva: "Fu lei ad acquistarla e, uscita dalla farmacia, l'ho visto salutare qualcuno che era in un'automobile parcheggiata lì davanti alla farmacia".

"Una volta a casa Pamela mi chiese se avevo un cucchiaio, gli dissì di sì e Pamela iniziò a preparare l'eroina", ha raccontato ancora, "Poi disse che aveva bisogno di rilassarsi un po' e dormire- Mentre stavo mettendo la musica, ho sentito un tonfo. Sono andato a verificare cosa fosse successo e ho trovato la ragazza a terra, le fuoriusciva qualcosa dalla bocca, l'ho presa in braccio e appoggiata sul letto". A quel punto chiamò l'amico Anthony per descrivere la vicenda e chiedergli un consiglio su come comportarsi, il suo amico gli suggerì di darle acqua. Ma avrebbe ricevuto la chiamata da un altro suo amico che gli chiedeva marijuana e sarebbe uscito. "Rientrato in casa ho constatato che Pamela non si muoveva più, era fredda al tatto e gelida", ha detto Oseghale spiegando di essersi attardato nella consegna della marijuana e probabilmente questo ritardo aveva fatto sì che nel frattempo succedesse qualcosa che non poteva prevedere. A quel punto, secondo la sua ricostruzione, Oseghale chiamò di nuovo Anthony raccontando l'accaduto e che la ragazza non stava più respirando, il suo amico gli disse che non potevano parlarne per telefono e di incontrarsi. Si incontrarono, ha sostenuto l'imputato, e Oseghale raccontò che la ragazza non respirava e che lui si trovava in un mare di guai. Anthony, ha raccontato Oseghale, "mi disse che dovevo tornare a casa e provare ancora con acqua o eventualmente chiamare un'ambulanza".

Lui invece, preso dal panico, avrebbe deciso di sbarazzarsi del cadavere: "Visto che il corpo non entrava in valigia ho deciso di farla a pezzi", ha detto, "Ho pensato di uscire, di andare al negozio cinese, comprare una valigia, ma vidi che non entrava nella valigia. Oseghale ha poi raccontato di aver messo i resti nelle valigie e, non avendo l'auto, di aver chiamato un tassista che conosceva. Gli disse, secondo la sua ricostruzione, che voleva andare a Sforzacosta ma mentre si dirigevano lì la sua compagna lo chiamava ripetutamente. "Ci sentiamo dopo, ho da fare", rispondeva Oseghale mentre nel frattempo il tassista proseguiva oltre arrivando quasi a Pollenza. Oseghale gli ha chiesto, secondo la sua versione, di fermarsi al lato della strada.

Lì ho lasciato le valigie, ha concluso Oseghale, e poi il tassista mi ha riportato a Macerata.

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