Cronache

Il Papa e la (giusta) crociata contro i cellulari a tavola

Il Papa e la (giusta) crociata contro i cellulari a tavola

F orchette & telefonini. La faccia nel display. Fra un piatto e l'altro, il pranzo è solo routine. Noia e un orizzonte corto come la quotidianità. Meglio tuffarsi negli smartphone che offrono una via di fuga comoda comoda. All'Angelus Papa Francesco affronta il tema, senza troppi giri di parole: «Tu sei come quei ragazzi, a tavola, ognuno con il suo telefonino, mentre stanno chattando?».

Un'immagine desolante in cui ci specchiamo un po' tutti: la cucina, i genitori muti davanti alla tv, i giovani assorti nei loro messaggi. Non è questione di galateo o di buone maniere, il problema è più profondo e tocca il nervo scoperto dei rapporti umani: la base della convivenza civile e per il cristiano adulto la porta del mistero. Perché, come insegnava don Giussani, Dio è venuto umilmente sulla terra e cambia il mondo giorno per giorno, attraverso i volti di quelli che lo testimoniano. Ma se tutte le energie sono concentrate nel dialogo virtuale con chi non c'è nella tua stanza, allora lo stupore e la novità appassiscono prima ancora di fiorire. E anche il più scintillante dei miracoli passerebbe inosservato, fra uno sbadiglio e un sms.

Il Papa non si atteggia a moralista, ma propone l'eterno modello della famiglia di Nazareth: «I tre componenti di questa famiglia si aiutavano reciprocamente a scoprire il progetto di Dio. Pregavano, lavoravano, comunicavano».

È il terzo verbo quello che interessa: si comunicano, quando ci si vuole bene, pezzi di esperienza che servono per comporre quel grande puzzle chiamato realtà. Ognuno offre all'altro una tessera e un frammento di comprensione. Gesù, Giuseppe e Maria avevano i piedi ben piantati per terra e gli occhi rivolti al cielo. Duemila anni dopo la sfida è sempre la stessa, ma le tentazioni sono molto più sofisticate. «Tu - riprende Bergoglio - nella tua famiglia sai comunicare o sei come quei ragazzi a tavola, ciascuno con il suo telefonino, mentre stanno chattando? In quella tavola - ironizza Papa Francesco - sembra vi sia un silenzio come fossero a messa. Ma non comunicano fra di loro».

Sono isolati nelle loro fantasticherie e non si accorgono di chi hanno davanti. Scappano, anche se sono seduti con il tovagliolo sulle gambe, e perdono emozioni, sentimenti e riflessioni. C'è sempre un altrove in cui rifugiarsi e quello seducente offerto dalla nostra epoca ha la combinazione facile facile di quei tasti. Fuori c'è un universo, peccato che in quei due o tre metri ci siano le relazioni e gli affetti che ci nutrono e dovrebbero spingerci oltre la nebbia delle nostre fragilità.

Sia chiaro: questo ragionamento non è in alcun modo venato di nostalgia o del rimpianto di una mitica età dell'oro e neppure vuole essere un atto d'accusa, una scomunica della contemporaneità.

No, è tutto più semplice: il telefonino non può avere la precedenza sulle posate, i bicchieri, i brindisi, i sorrisi e pure i rimproveri. «Dobbiamo riprendere il dialogo in famiglia - conclude Francesco - padri, genitori, figli, nonni e fratelli devono comunicare fra di loro. Questo è un compito da fare oggi, proprio nella giornata della Sacra Famiglia».

Insomma, non c'è solo il presepe: la mangiatoia, il Bambino, i genitori trepidanti. Il gelo e la paglia. C'è anche tutto quello che è venuto dopo: i trent'anni trascorsi da Gesù nell'anonimato di Nazareth ma dentro la storia. Una storia che continua e diventa nostra. La festa celebrata dal Papa insegna a tutti, laici e cattolici, a parlare e ascoltare. Giù la manopola del frastuono che è la colonna sonora di tante nostre insicurezze: la suoneria del cellulare non può essere la nostra bussola.

Meglio, molto meglio smarrirsi negli occhi di un padre o di una madre.

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