Cronache

Papa Francesco: "Dio perdona chi segue la propria coscienza"

Il Papa risponde alle obiezioni del fondatore di Repubblica sull'enciclica Lumen Fidei: "Dio perdona chi segue la propria coscienza". E apre: "Serve un dialogo sulla fede"

Papa Francesco: "Dio perdona chi segue la propria coscienza"

"Pregiatissimo Dottor Scalfari". Inizia così la lettera che papa Francesco ha scritto al fondatore di Repubblica Eugenio Scalfari e che, questa mattina, il quotidiano di largo Fochetti ha ospitato sulle prime pagine del giornale con il titolo Il Papa: la mia lettera a chi non crede. Una lunga lettera in risposta a Le risposte che i due papi non danno, commento all'enciclica Lumen Fidei in cui Scalfari chiedeva a Bergoglio di chiarire se Dio perdona chi non crede e non cerca nemmeno la fede. "Dio perdona chi segue la propria coscienza" è il cuore della risposta del Santo Padre che spiega, con estrema chiarezza spiega, come anche per chi non ha fede il peccato ci sia "quando si va contro la coscienza".

Rispondendo alle domande di Scalfari sulla questione della fede e della laicità, papa Franesco spiega che "è venuto ormai il tempo di un dialogo aperto e senza preconcetti sulla fede". Da qui l'esortazione a "fare un tratto di strada insieme". Secondo il Pontefice sarebbe, infatti, positivo "non solo per noi singolarmente ma anche per la società in cui viviamo, soffermarci a dialogare su di una realtà così importante come la fede che si richiama alla predicazione e alla figura di Gesù". Due circostanze rendono oggi doveroso questo dialogo. "La prima circostanza - spiega il Papa - deriva dal fatto che lungo i secoli della modernità si è assistito ad un paradosso: la fede cristiana è stata spesso bollata come il buio della superstizione che si oppone alla luce della ragione. Così, tra la Chiesa e la cultura d’ispirazione cristiana da una parte, e la cultura moderna d’impronta illuminista dall’altra, si è giunti all’incomunicabilità. È venuto ormai il tempo di un dialogo aperto e senza preconcetti che riapra le porte per un serio e fecondo incontro". La seconda circostanza, riportata dal Santo Padre nella lettera a Repubblica, interessa "chi cerca di essere fedele al dono di seguire Gesù nella luce della fede" e deriva dal fatto che "questo dialogo non è un accessorio secondario dell’esistenza del credente: ne è invece, espressione intima e indispensabile". "Senza la Chiesa - sottolinea papa Francesco - non avrei incontrato Gesù pur sapendo che l’immenso dono della fede è custodito nei vasi di argilla della nostra umanità. Ora è a partire da qui, da questa personale esperienza di fede vissuta, che mi trovo a mio agio nell’ascoltare le sue domande - dice sempre ancora a Scalfari - e nel cercare le strade lungo le quali, possiamo, forse, cominciare a fare un tratto di cammino insieme".

Nella lunga missiva a Scalfar, papa Francesco fa notare che il punto fondamentale, quello su cui regge tutto, resta la misericordia di Dio che "non ha limiti se ci si rivolge a lui con cuore sincero e contrito". "La questione per chi non crede in Dio sta nell’obbedire alla propria coscienza - chiarisce - il peccato anche per chi non ha la fede c’è quando si va contro la coscienza. Ascoltare e obbedire ad essa significa infatti decidersi di fronte a ciò che viene percepito come bene o come male. E su questa decisione si gioca la bontà o la malvagità del nostro agire". Rispondendo poi ad altre domande che il fondatore di Repubblica gli aveva posto e in particolare a quella se sia peccato credere che non esiste alcun assoluto, papa Francesco mette in chiaro di non parlare per chi crede di verità assoluta ("nel senso che assoluto è ciò che è slegato, ciò che è privo di ogni relazione"). "Ora la verità, secondo la fede cristiana, è l’amore di Dio per noi in Gesù Cristo - spiega - dunque, la verità è una relazione!". E riferendosi poi all'obiezione se con la scomparsa dell’uomo sulla terra scomparirà anche il pensiero dell’uomo capace di pensare a Dio, papa Francesco corregge Scalfari facendogli notare che Dio "non è un’idea, sia pure altissima, frutto del pensiero dell’uomo".

"Dio non dipende dunque dal nostro pensiero - conclude - del resto, anche quando venisse a finire la vita dell’uomo sulla terra, l’uomo non terminerà di esistere, e in un modo che non sappiamo, anche l’universo creato con lui".

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