Il muro di Berlino

Perché dobbiamo lottare per la libertà

Perché dobbiamo lottare per la libertà

Vi sono nella storia dell'umanità alcune date che hanno rappresentato anche in modo simbolico la fine di un'epoca, di un modo di pensare, di una visione del mondo e la nascita di una stagione nuova. Il 12 ottobre 1492, quando Colombo sbarcò in America, per esempio, oppure il 14 luglio 1789, in cui ebbe inizio la Rivoluzione francese e secondo le classificazioni degli storici nacque l'epoca contemporanea, nel bene e nel male.

Fra queste date scolpite nella storia, rientra a pieno titolo il 9 novembre 1989. La caduta del Muro di Berlino significò la fine di quello che Ronald Reagan chiamava l'Impero del male, il sistema comunista che per decenni aveva schiacciato sotto un tallone crudele di miseria, di terrore e di oppressione alcune delle più antiche nazioni d'Europa. Significò la fine di quella sopravvissuta più a lungo fra le folli ideologie totalitarie del '900. Significò ancora la fine dell'equilibrio del terrore, della guerra fredda, della paura dell'olocausto nucleare, l'incubo con il quale le nostre generazioni sono cresciute. Significò anche più semplicemente per molti tedeschi orientali potere riabbracciare i loro cari separati fisicamente, nella stessa città, dalla più odiosa delle barriere.

Il comunismo cadde - per una drammatica ed emblematica coincidenza della storia - proprio nella stessa città, Berlino e nella stessa data, il 9 novembre, in cui quarantuno anni prima il regime nazista, l'altro grande sistema criminale del 20° secolo, aveva dato inizio, con la Notte dei Cristalli, alla persecuzione degli ebrei in Germania.

Dunque il 9 novembre di trent'anni fa merita di essere ricordato come una grande festa della libertà. La festa della vittoria del nostro sistema liberale sul totalitarismo comunista.

Rimarranno sempre nei nostri cuori le immagini di quei giorni, della folla festante; per tutte, l'immagine di un anziano musicista, Mstislav Rostropovich - il più grande violoncellista del '900, esule dall'Unione Sovietica - che suona il suo antico strumento davanti al Muro che crolla, per rendere omaggio alla Libertà.

Ma quale mondo nuovo, quale nuova Europa stava nascendo, da quelle rovine, accompagnata dalla musica sublime di Bach?

Celebrare è giusto, come è giusto rendere omaggio alla memoria dei tanti che pagarono con la vita, con il carcere, con le torture, il tentativo di passare il Muro, di fuggire dall'oppressione e scegliere la libertà.

Ma occorre anche riflettere su cosa ne è stato delle speranze e dell'entusiasmo di quel novembre di trent'anni fa.

Allora, sulla spinta di una rapida accelerazione della storia, siamo stati in tanti a pensare che stesse nascendo per l'Europa e per il mondo una nuova era, l'era della libertà, della tolleranza, della sicurezza. Un'era priva di muri e di paure.

Ci eravamo illusi. Quel 9 novembre non fu né la «fine della storia» come scrisse avventatamente il politologo Fukuyama, né il battesimo di un mondo liberale. Trent'anni dopo si parla di nuovo di muri fisici, per fronteggiare l'emergenza delle migrazioni, di muri economici, con il riproporsi del protezionismo nei commerci internazionali, di muri culturali eretti da modelli come l'integralismo islamico o l'imperialismo cinese, che contestano alla radice la nostra stessa idea di civiltà occidentale. Quella civiltà che nel 1989 sembrava avere vinto e che invece deve affrontare sempre nuove sfide.

L'Europa, che da quel giorno ha smesso di essere divisa fisicamente, non è mai diventata un soggetto politico davvero unito, sulla base delle comuni radici e dei comuni valori di libertà. Si è cullata nel buonismo e nell'egoismo, non ha saputo rispondere all'emergenza migratoria andando ad affrontarne le radici con un piano Marshall per l'Africa che restituisse a quei popoli una speranza e un futuro nel loro Paese. Non si è data una politica estera e di difesa comune. Non è stata in grado di diventare il fulcro di una riaggregazione dell'Occidente intorno ai nostri valori e al nostro stile di vita, oggi minacciati da pericoli nuovi.

Certo, molte cose positive sono accadute. L'Europa dell'Est è tornata a fare parte del mondo libero. A Pratica di Mare, nel 2002, ho avuto la profonda emozione di ottenere da Bush e da Putin la firma sullo storico accordo che associava la Russia all'Alleanza Atlantica, rovesciando lo schema della guerra fredda. Ma da allora sono stati compiuti anche molti passi indietro.

La verità è che la storia non finisce mai, la storia della libertà è quella di una continua sfida, di una continua conquista, di una continua difesa di un bene prezioso come l'aria, della cui importanza, come per l'aria, ci accorgiamo soprattutto quando viene a mancare. Le nuove frontiere della libertà stanno nella difesa della nostra identità di italiani, di europei, di occidentali, del nostro stile di vita di donne e uomini liberi, della dignità di ogni essere umano, senza distinzioni di genere, di etnia, di fede religiosa o di idee politiche.

Ricordare il Muro trent'anni dopo deve servirci a trovare nuova forza e nuova speranza per guardare alle sfide del futuro.

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