Cronache

Pesaro, agente pestato dal nigeriano: "L'ho perdonato a metà"

Parla l'agente Giuseppe Sepede, aggredito da un richiedente asilo nigeriano durante un'operazione di controllo del territorio: "Amiamo il nostro lavoro e portiamo volentieri a casa anche le cicatrici perché sappiamo che fanno parte del gioco"

Pesaro, agente pestato dal nigeriano: "L'ho perdonato a metà"

È provato Giuseppe Sepede, il poliziotto che mercoledì mattina è stato aggredito a Pesaro da un cittadino straniero durante un'operazione di controllo del territorio. Raggiunto telefonicamente da "Il Resto del Carlino", l'agente di 42 anni rivive quei momenti di terribile violenza.

"Stavamo dietro a degli spacciatori, vediamo arrivare questo ragazzo in bicicletta. Gli dico di fermarsi per un controllo. Non si ferma, anzi fugge", esordisce Sepede. "Gli andiamo dietro e lo blocchiamo. Parla in inglese, gli rispondo in inglese dicendogli di stare calmo, che non succede niente. Si agita, sbuffa, scende dalla bici e mi sferra un pugno cercando di colpirmi in faccia". In breve la situazione degenera. Deciso ad evitare i controlli il soggetto, un 22enne nigeriano, si scaglia contro gli agenti come una furia. Servono ben due pattuglie per avere la meglio su di lui, oltre all'intervento di un ex carabiniere che, vista la scena, accorre per dare il proprio supporto.

Vistosi alle strette, l'africano perde completamente il controllo e carica un secondo pugno in direzione di Sepede, mirando al costato."Sento netto il crac dell’osso che si rompe", racconta l'agente. "Lo getto a terra, ma lui mi prende a morsi e cerca di sfilarmi la pistola, rompendomi anche la fondina. È incontenibile. Il mio collega cerca di bloccargli le mani ma lui mi morde le cosce. Urlo di dolore".

Anche un collega di Sepede viene aggredito, ma è il 42enne ad avere la peggio. Dopo aver estratto lo spray urticante in dotazione, l'agente riesce finalmente a neutralizzare il nigeriano, rendendo possibile l'arresto. Eppure, anche dopo aver subìto una simile violenza, restano la generosità e la gentilezza. "Lo portiamo in questura per arrestarlo. Dopo un po’, lo rivedo seduto in un angolo, e gli dico se vuole una bottiglietta d’acqua. Mi guarda e dice sì", ricorda Sepede. "Mi chiede scusa per quello che ha fatto", aggiunge il poliziotto. "Ha vent’anni, è arrivato dalla Nigeria. Prima stava a Firenze, poi da qualche mese è arrivato qui a Fano dove ha la famiglia. È un richiedente asilo. Gli ho risposto che le scuse le accetto ma a metà: ‘Voglio vedere come ti comporterai in futuro. Se torni ad aggredire vuol dire che non hai capito niente e che le tue parole non valgono niente’. Ci ha risposto che ha capito l’errore tornando a chiedere scusa".

Ancora non si conoscono le ragioni che hanno portato il 22enne a reagire in un simile modo. Accusato di resistenza e lesioni a pubblico ufficiale, si trova ora a disposizione dell'autorità giudiziaria.

Finito al pronto soccorso dell'ospedale di Pesaro e dimesso con una prognosi di 45 giorni a causa della frattura di una costola e di alcuni problemi ad un ginocchio, Giuseppe Sepede non ha affatto perduto l'amore per il proprio lavoro. "Io lo so che corriamo dei rischi ogni volta che fermiamo qualcuno per chiedere i documenti, ma il nostro mestiere è come una seconda pelle. Lo fai per una passione sfrenata. Sai di svolgere un lavoro in favore del cittadino che subisce una violenza o un torto", ha spiegato."Il rammarico spesso è perché non siamo considerati per il lavoro e i rischi che corriamo. Ma questo non significa che rinunciamo ad un grammo di impegno. Ci mancherebbe altro.

Amiamo il nostro lavoro e portiamo volentieri a casa anche le cicatrici perché sappiamo che fanno parte del gioco".

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