Cronache

Quel piagnisteo sudista sa di assistenzialismo

Quel piagnisteo sudista sa di assistenzialismo

«Tendenzialmente c'è un atteggiamento di assoluta discriminazione, quando accadono cose del genere al Sud c'è molta meno attenzione». Verrebbe voglia di liquidare la provocazione radiofonica di Luigi De Magistris sulla tragedia di Venezia con un decurtisiano «ma mi facci il piacere», tanto per restare a Napoli. Ma forse (...)

(...) è ora di cominciare a valutare lo sciocchezzaio politico con il metro della filosofia samurai: «Considera le cose di poca importanza molto seriamente». Anche perché la lezione di piagnonismo impartita dal sindaco di Napoli, che pare istigare a una sorta di terrificante graduatoria delle disgrazie, non è il frutto isolato di un politico che si bea di essere considerato un Masaniello e dimentica ad esempio che per la ricostruzione dopo il terremoto dell'Irpinia è costata 120 miliardi, pagati anche da tutti gli italiani con un'accisa sulla benzina da 4 centesimi al litro. È, al contrario, un punto di vista che fa il paio con quello del ministro Giuseppe Provenzano che l'altro giorno rinfacciava al sindaco di Milano, e compagno di partito, Beppe Sala, l'egoismo della «Milano che cresce e non restituisce». In questo caso la tesi arriva da un politico in giacca e cravatta, uno che si presenta bene e parla forbito. Ma l'humus è sempre lo stesso: l'antico vizio di una parte degli abitanti del Mezzogiorno d'Italia, la splendida terra in cui ho la fortuna di essere nato, di lamentarsi per giustificare un aiuto salvifico che possibilmente arrivi dall'esterno, che sia lo Stato centrale o il ricco Nord, considerato a priori «egoista». Un atteggiamento che condanna questa parte del Paese a una perenne soggezione all'assistenzialismo e al peggiore egualitarismo, quello che vorrebbe eguagliare il corridore più veloce, ma imponendogli di rallentare. L'esatto opposto dell'inventiva, della dignità, della forza di carattere che pure si possono riconoscere in tante persone che vengono dal Sud. Paradossale poi, che si parli di discriminazione verso il Mezzogiorno proprio ora che c'è un governo a spiccata trazione sudista: il presidente del Consiglio è foggiano e vengono da Campania, Puglia, Basilicata e Sicilia undici ministri su 21, contro i sei originari di Piemonte, Friuli, Veneto e Lombardia. Si potrebbe ignorare questa fastidiosa attitudine al lamento, se non fosse che in parte è già cultura di governo. E in parte si va coagulando in nuovi movimenti di opinione di matrice neoborbonica, che sembrano avere tutta l'intenzione di insinuarsi nel declino dei 5 Stelle. Opinionisti devoti al proverbiale «chiagni» ancora di più che al «fotti». Gli stessi che poi prendono parte al coro dei no a tutto, dall'Ilva al Tap, per farsi scudo di luoghi comuni suicidi come il famigerato «il Sud potrebbe vivere di solo turismo».

Alla larga.

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