Cronache

Quel "piano eversivo" dei No Tav. E lo strano silenzio del Viminale

I blitz di fronte ai ristoranti degli agenti. I raduni sotto gli hotel. Infine i chiodi in autostrada. Sale la tensione in Val di Susa. Gli agenti protestano: "Non ci fanno difendere"

Quel "piano eversivo" dei No Tav. E lo strano silenzio del Viminale

Chi conosce la Valle sa che tre indizi fanno una prova. E che per far esplodere la miccia della violenza No Tav basta davvero poco. In principio è stata la “cacciata” dei poliziotti dal ristorante di Susa dove andavano a mangiare gli agenti, costretti alla plateale ritirata in diretta Youtube. Poi è arrivato l’assedio degli antagonisti a suon di tamburi sotto l’hotel dove le forze dell’ordine dovrebbero riposarsi. Infine “l’attentato” con i chiodi all’altezza della galleria ‘Cels’, sull’autostrada Torino-Bardonecchia, che ha messo a terra alcuni mezzi. L’attacco, che molti attribuiscono alla frangia estremista dei No Tav, è passato un po’ sottotraccia, anche per uno strano silenzio del Viminale e del ministro Lamorgese. Ma chi ogni giorno lavora al cantiere di Chiomonte con la divisa addosso rivela al Giornale.it che la preoccupazione è tanta: “È in atto un piano eversivo, che negli anni ‘70 nessuno avrebbe avuto timore a chiamare terrorismo”.

I chiodi dimostrano infatti che i violenti intendono fare sul serio. “Quelle sono armi che usano anche in guerra”, rivela un'altra fonte. I mezzi coinvolti trasportavano almeno una sessantina di persone: se avessero viaggiato ad una velocità più elevata, dice Andrea Cecchini, di Italia Celere, “sarebbe stata una strage”. Senza contare che se invece dei blindati delle forze dell’ordine a finire in trappola fosse stato un autoarticolato, il rischio di un “disastro” in galleria sarebbe stato di proporzioni cosmiche. Tuttavia, ciò che realmente preoccupa gli addetti ai lavori non è tanto l’atto in sé. Quanto la sequenza di avvenimenti. Appare evidente ormai che gli antagonisti conoscano a menadito la logistica delle operazioni di polizia e carabinieri. “Sanno dove dormiamo, dove mangiamo, conoscono i nostri turni e quando ci spostiamo”, spiega una fonte. I chiodi infatti sono stati gettati proprio a ridosso del cambio turno: gli uomini stavano attendendo i colleghi per staccare e sono stati costretti agli straordinari. È anche probabile che i No Tav fossero consapevoli pure degli effetti pratici di una simile azione: le gomme delle camionette delle forze dell’ordine (due auto civetta della polizia, due veicoli antisommossa della guardia di finanza e tre della polizia) non possono essere facilmente sostituite sul posto, dunque è stato necessario trasportarle con un rimorchio in cantiere. Un danno enorme. Economico ed operativo. Cui vanno aggiunte le lunghe di lavoro degli uomini che, a piedi, hanno ripulito l’autostrada.

Sui fatti di domenica sono in corso le indagini. La Val di Susa è per ovvi motivi un’area soggetta a particolare sorveglianza, dunque gli investigatori stanno setacciando le telecamere dislocate in zona per provare a stanare i responsabili. Qualcuno ha sottolineato il silenzio del Viminale, che sulla questione non ha diffuso alcun comunicato. Neppure il ministro Lamorgese ha espresso parole ufficiali di condanna o solidarietà agli agenti coinvolti. È possibile lo abbiano fatto per evitare il rischio di emulazione. Quel che è certo, infatti, è che se in passato le violenza antagoniste si rivolgevano contro il cantiere e solo indirettamente contro gli agenti schierati a difenderlo, ora gli obiettivi dichiarati sono proprio le forze di polizia: i No Tav le considerano “truppe di occupazione” della valle. Tra i sindacati c’è chi parla di “guerra civile”, “attentato”, “escalation di violenza”. "Oggi paghiamo le conseguenze della inadeguatezza della politica italiana che resta inerme di fronte al ritorno del terrorismo", attacca Cecchini. “Si è ai limiti della sopportazione - rivela invece una divisa - Molti sono incazzati ed esasperati. Questi blitz anarchici stanno creando molti più problemi delle manifestazioni e dei presidi a ridosso del cantiere”.

Nei giorni scorsi, come rivelato dal Giornale.it, il questore di Torino aveva promesso una “ferma reazione da parte della Polizia di Stato” se le provocazioni dei No Tav fossero proseguite. C’è però un retroscena, ancora non rivelato, che spiega sia la ritrosia del Viminale ad alzare lo scontro, sia quella dei funzionari a usare la mano ferma. Il questore Giuseppe De Matteis aveva fatto presente che l’intenzione dei contestatori è quella di "provocare una reazione" al fine di "attrarre ulteriori manifestanti in valle con lo scopo di compiere un’azione di contestazione molto più seria e violenta”. Per questo ad oggi le forze dell’ordine non hanno ancora impugnato mai il manganello. Né quando sono stati coperti di insulti a Susa, né per disperdere i disturbatori sotto l'hotel. La parola d’ordine sembra: non accendere la miccia No Tav. In questo modo, però, a rimetterci sono gli agenti. “Invece di fargli suonare i tamburi sotto l’albergo e aspettare che ci piscino pure nel letto - dice infastidita una fonte - Potremmo facilmente far intervenire gli agenti antisommossa con caschi e scudi che dormono nello stesso hotel”. L’uso delle forza proporzionata basterebbe forse a sedare le rivolte. Invece “non ci fanno difendere”.

Almeno fino al prossimo attacco.

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