Cronache

"Volevo fare il prete, mi hanno fatto la festa"

La storia di un ragazzo che scopre di essere gay e che viene inviato ad avere rapporti sessuali con la sua guida spirituale. Si parla di "pratiche comuni" nella Chiesa cattolica

"Volevo fare il prete, mi hanno fatto la festa"

Pensare alla consacrazione, scoprire di essere gay ed essere, in qualche modo, costretto a subire le attenzioni del proprio mentore spirituale.

Joseph Ratzinger, qualche giorno fa, ha attaccato l'ideologia sessantottina, mettendo in evidenza come anche negli ambienti ecclesiastici siano state importate istanze e battaglie sdogananti sul piano sessuale e proprie degli anni della contestazione. Pure papa Francesco, qualche tempo fa, aveva domandato maggiore attenzione nella selezione delle persone che chiedono di entrare in seminario: "Nella vita sacerdotale - ha detto in riferimento alle persone omosessuali - non hanno posto". Jorge Mario Bergoglio aveva pure citato le persone che presentano disturbi nevrotici. Forse non è solo una questione dottrinale. Forse è anche un modo per evitare il ripetersi di una sorta di schema.

La storia di Davide, quella raccontata sull'edizione odierna di Libero, suggerisce del resto l'esistenza di una "pratica comune". Il racconto parte da una premessa: "Volevo diventare un sacerdote, quel convento di frati minori vicino ad Assisi, in Umbria, sembrava un' oasi, o comunque il posto adatto a lasciarsi alle spalle il 'peccato' che prendeva vita nelle mie fantasie". Il seminario o il convento, insomma, come porto sicuro per chi ritiene, in maniera erronea, di essere sbagliato. Ma è il seguito di questa vicenda a sollevare più di qualche interrogativo. Sì, perché Davide - stando al suo racconto - viene sottoposto a una sorta di "terapia riparativa", che prescrive di dover avere rapporti sessuali con altri consacrati.

Magari con dei superiori, che nel frattempo usano emettere sentenze morali contro i gay: "Disse - si legge ancora sulla fonte citata - che il gay deve fare voto di castità per non violare i principi sacri. Mi crollò il mondo addosso, presi coscienza dell' ipocrisia di alcuni membri del clero. Di notte si divertiva con me e di giorno, dal suo pulpito, mi faceva sentire sbagliato per compiacere i fedeli". Era la stessa persona con cui Davide dice di aver avuto incontri a parlare in questi termini. Nel '68, pure per ovviare alle crisi delle vocazioni, alcune "cricche omosessuali" - così le chiama Benedetto XVI - avrebbero preso possesso di parte gestione ecclesiastica. Nei seminari, insomma, avrebbe fatto la comparsa una sorta di filiera.

La triste vicenda di Davide, che ha poi rinunciato alla vita da consacrato, sembra confermare questo assunto.

Poi c'è l'ipocrisia, che - secondo narrazioni come quella presentata - sembrerebbe poter essere associata a certi meccanismi interni della Chiesa cattolica.

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