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MaZinga disgusta anche la sinistra: perfino gli inciucisti vogliono il voto

Quanti pentiti del "governo dei perdenti". MaZinga disgusta anche gli inciucisti: adesso perfino loro vogliono il voto

MaZinga disgusta anche la sinistra: perfino gli inciucisti vogliono il voto

Contrordine compagni. È tutta colpa della canicola agostana, abbiamo preso un colpo di sole. Tutto sommato è meglio andare alle elezioni. Ecco, grosso modo, è questo il ragionamento che si sta facendo largo a sinistra. Dopo aver sostenuto, per una settimana abbondante, la necessità dell'inciucio, ora in ordine sparso tentano la retromarcia. L'inciucio che, sia chiaro, mica era per proteggere gli scranni della sinistra da una valanga di voti salviniani. Ma va. Era un inciucio altruista: per salvare la Patria, per placare l'Europa, per dare stabilità, per fare la manovra, per tagliare le tasse (loro che dicevano che «le tasse sono belle». Probabilmente per chi le evade). Un sacrificio in nome del tricolore, insomma. Però, a conti fatti, dopo aver letto due commenti sui social e aver consultato le plebi al bar (ohibò!) anche la sinistra più radical ha cambiato idea.

Forse è meglio andare alle urne. «Io non ho paura», tuona con voce stentorea Lucia Annunziata dal suo Huffington Post. Lei. Che non ha uno scranno da difendere. Al povero Renzi tremano le gambe al sol pensiero di interpellare il popolo sovrano. «Non bisogna avere paura delle elezioni, la destra si batte nella società», scrive la direttrice sul suo blog. Poi cede la parola, sempre dalle colonne digitali del suo giornale, a un vecchio e nobile comunista come Emanuele Macaluso che, come un marziano appena atterrato col suo disco volante sulla terra, non riesce a capacitarsi della chilometrica spaccatura tra la sinistra e il popolo. «Le elezioni non sono il nazismo e la guerra, sono semplicemente un appuntamento democratico, in un Paese democratico - scrive Macaluso -. Va bene, è giusto provarci, andare a vedere se è possibile un governo con i Cinque Stelle, ma non a tutti i costi. Altrimenti non si può evitare il voto, cioè un appuntamento democratico, come un pericolo». E lo stesso ragionamento, qua e là, rimbalza tra gli intellettuali rossi. Anche l'ex ministro Andrea Orlando sussurra: «Se non ci sono le condizioni con i 5 Stelle, meglio andare al voto. Molto laicamente». E persino il grande officiante delle nozze, Marco Travaglio, quello che ha iniziato a fare il wedding planner un minuto dopo la chiusura delle urne nel 2018, ora tentenna e consiglia ai suoi amici pentastellati il ritorno al voto, piuttosto che un governo al ribasso («modello Libia») con Zingaretti. La voglia di governare è tanta, ma anche la paura di destinarsi all'estinzione. Sempre più lontani dalla gente, sempre più allergici al più prestigioso rito della democrazia: il voto. Al Nazareno saranno sobbalzati sulle sedie: «Elezioni? Ma perché? È un harakiri!». Forse è tutta una questione di parole - e Nanni Moretti glielo aveva spiegato che sono importanti - ma il contrario di populismo non è odiare il popolo. E in questo la sinistra è maestra: sono anni che detesta gli italiani.

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