Cronache

Quella rete islamista in Italia

Si chiamano Abdel Rahaman Mohy Mostafa Omar e Halili el-Mahdi, il primo ha 59 anni e il secondo 23, arrestati rispettivamente a Foggia e Torino ed entrambi hanno due elementi in comune: sono estremisti islamisti ed hanno acquisito la cittadinanza italiana

Quella rete islamista in Italia

Si chiamano Abdel Rahaman Mohy Mostafa Omar e Halili el-Mahdi, il primo ha 59 anni e il secondo 23, arrestati rispettivamente a Foggia e Torino ed entrambi hanno due elementi in comune: sono estremisti islamisti ed hanno acquisito la cittadinanza italiana. Mohy Mostafa Omar svolgeva il ruolo di presidente e imam presso il centro islamico “al-Dawa” di Foggia, la cosiddetta “moschea del terrore” dove impartiva ai bambini lezioni di odio e violenza nei confronti dei “miscredenti”, seguendo le linee del lavaggio del cervello fatto dall’Isis ai bambini in Siria: “Vi invito a combattere i miscredenti, con le vostre spade tagliate le loro teste, con le vostre cinture esplosive fate saltare in aria le loro teste. Occorre rompere i crani dei miscredenti e bere il loro sangue per ottenere la vittoria”. L’imam egiziano era monitorato dal 2015 e nello stesso centro islamico aveva operato il terrorista ceceno Eli Bombataliev (che otteneva un permesso di soggiorno per motivi umanitari rilasciato dalla Questura di Foggia nel 2012. Nel 2015 gli veniva rinnovato il permesso, scaduto poi nel marzo 2017). Anche Halili el -Mahdi era finito sotto inchiesta nel 2015, quando l’italo-marocchino patteggiava una pena di due anni di reclusione per istigazione a delinquere con finalità di terrorismo, avendo redatto e pubblicato sul web alcuni documenti di esaltazione dello Stato Islamico. El-Mahdi negli ultimi tre anni si era ulteriormente radicalizzato al punto da voler compiere un attentato in territorio italiano. In seguito all’arresto Halili dichiarava di “essere fiero di finire in carcere per Allah”.

Insomma, Halili el-Mahdi era “italiano” ma non aveva alcuna intenzione di integrarsi, anzi, voleva colpire il Paese che lo aveva accolto. Del resto la sua ex insegnante delle medie lo ha ben descritto come un allievo difficile, non propenso a fare amicizia con i suoi compagni. I due “italiani”, Mostafa Omar e El-Mahdi non potevano essere espulsi perché cittadini italiani e infatti per ben tre anni hanno avuto la possibilità di continuare ad operare con le loro attività terroristiche prima di poter essere neutralizzati. In aggiunta, la propaganda dei divulgatori di odio era indirizzata sia a ragazzi e ragazzini delle seconde generazioni che a italiani convertiti, con lo scopo di spargere l’ideologia islamista radicale a macchia d’olio, un rischio enorme per la sicurezza del Paese. Nel bergamasco veniva invece perquisita l’abitazione di Icaro Bilal Masseroli, un italiano convertito che non risulta indagato ma che avrebbe mantenuto rapporti con Halili el-Mahdi. Nel corso della perquisizione è stato sequestrato materiale informatico e cartaceo che verrà analizzato dagli inquirenti. Masseroli è cognato di Bledar “Yahya” Ibrahimi, cittadino albanese precedentemente residente a Pozzo d’Adda e nome pesante dell’estremismo islamista italiano, espulso il 3 marzo 2016 e rimpatriato a Elbasan. Ibrahimi, noto anche come “il professore” per i suoi studi teologici al Cairo, aveva intrattenuto rapporti con numerosi sostenitori dell’Isis in nord Italia tra cui Maria Giulia Sergio, Aftab Farooq, Idris Elvis Elezi e Halili el-Mahdi. Tornando a Masseroli, era già finito al centro di un’attività di monitoraggio nel 2016 quando era stato espulso assieme alla moglie dall’Egitto, accusati di essere estremisti islamisti e banditi dal Paese per 5 anni. Masseroli però si è sempre dichiarato innocente. Poco tempo dopo rientrava in Italia dall’Egitto anche Bledar Ibrahimi e prima di essere espulso anche dall’Italia cercava di procurarsi dall’anagrafe una nuova carta d’identità, nonostante che quella in suo possesso non fosse ancora scaduta. E’ curioso come la carta d’identità di Ibrahimi lo ritraesse con una lunga barba salafita mentre al suo rientro il soggetto in questione si era rasato. E’ plausibile ritenere che non volesse dare nell’occhio. Ciò che emerge dai casi sopra esposti è che molti dei soggetti finiti nelle varie inchieste avevano in qualche modo dei collegamenti tra loro, a volte virtuali e a volte personali, ma sempre con un comun denominatore, l’estremismo di matrice islamista.

Non è da escludere che nei prossimi giorni altri nominativi andranno ad aggiungersi alle reti già emerse.

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