Politica

Il ricatto di Grillo a Democratici e grillini

Soltanto un partito sfinito, logorato da un viaggio troppo lungo in sofferenza di nutrimento popolare e culturale, può fingere di credere che la vicenda dei 5 Stelle si concluderà con un divorzio chiaro e razionale.

Il ricatto di Grillo a Democratici e grillini

Soltanto un partito sfinito, logorato da un viaggio troppo lungo in sofferenza di nutrimento popolare e culturale, può fingere di credere che la vicenda dei 5 Stelle si concluderà con un divorzio chiaro e razionale. Non è così e lo dimostra l'atto drammatico e politico di Beppe Grillo. E non sarà certamente così, nell'immediato futuro. Il Partito di Conte e il Movimento di Casaleggio non sono due metà della stessa mela, sono il prodotto di un confronto e di uno scontro che va avanti sotterraneamente da almeno un anno. Ambedue le parti fanno riferimento ad una storia che è sembrata confusa fin dall'inizio, ma aveva una forza dirompente, che ha conquistato milioni di italiani stravolti da una politica che si era resa incomprensibile. Il video, molto violento, di Beppe Grillo non è stato affatto il ruggito di un padre ferito, in difesa del figlio, come sostengono alcuni, con ipocrisia (Marco Travaglio) o con ingenuità (Vittorio Feltri). Quel video è una mossa estrema di un politico che si accorge di essere stato raggirato e si rivolge minacciosamente a quelli che forse lo avevano illuso di poter archiviare velocemente la tristissima vicenda che coinvolge il figlio Ciro. Il destinatario è soprattutto il suo Movimento, ma anche il Partito democratico che, dalla caduta del governo Conte, immagina e costruisce le premesse per costruire e sostenere un satellite dalle macerie dei 5 Stelle con cui affrontare e vincere le prossime elezioni amministrative. Grillo avverte e scoraggia: romani, non passerete sui resti di Cartagine senza danni. Soprattutto, Conte non farà la frittata della pasta della sera prima senza sacrificare molte uova sue e del Partito democratico. Enrico Letta, in questa settimana cruciale per una futura alleanza con i 5 stelle, è stato il Convitato di pietra: muto, estraneo, è stato probabilmente il più serio di tutti, mentre attorno a lui si cercavano le spiegazioni di comodo, l'emotività dell'attore consumato, il rigurgito maschilista della correità della vittima. Ma Letta aveva parlato molto prima, al momento della sua nomina: «Qui non si tratta di trovare un nuovo segretario, ma di trovare un nuovo partito», più chiaro di così. Ed era stata l'unica risposta possibile al «partito delle poltrone» del dimissionario Zingaretti. Per il nuovo segretario, strada obbligata: sperare di tenere assieme i reduci 5 Stelle e provare ad affrontare con loro le amministrative. Sì, ma Grillo?

Beppe non è un comprimario furioso che si può tenere da parte. Nell'agosto scorso fu lui - assieme all'altro «dannato» Matteo Renzi - ad escogitare e imporre il Conte 2, grillini e Pd, per tenere fuori Salvini. Fu ancora Beppe, apparentemente distaccato, a correre a Roma per frenare le violente proteste dei parlamentari grillini contro la defenestrazione di Giuseppi. Conveniva stare nel nuovo governo con Draghi, sostenne Grillo, alleato tatticamente con Di Maio, che non nasce certo come un suo seguace, ma piuttosto come un grande sostenitore di Casaleggio. E c'è molto contributo di Grillo in questi mesi, al ricambio del gruppo dirigente dei 5 Stelle e, infine, nella decisione di rompere i legami con il figlio di Casaleggio, Davide, e la piattaforma Rousseau, vero Moloch del Movimento, di più, luogo sacro della rivoluzione 5 Stelle, come Qom per gli sciiti. Tutto per nulla? Per vedere la reputazione del figlio (e sua) travolta da un rinvio a giudizio e da un processo per stupro? Pensateci un po', con l'esperienza che abbiamo purtroppo maturato in questi anni e che il Sistema descritto da Palamara ci ha confermato.

L'intreccio tra giustizia e politica è indissolubile e, fin dall'inizio, Grillo e Gianroberto Casaleggio erano convinti che le chiavi della catena, che lega procuratori e politici, fossero soprattutto nelle mani di Magistratura democratica e del Pd. I tempi naturalmente cambiano, entrano in gioco altri interessi nella magistratura, i 5 Stelle e il loro organo, il Fatto Quotidiano, si candidano a diventare cancellieri, manettari, forcaioli, ma non basta. Il potere reale nella Giustizia resta a sinistra, basta ascoltare Palamara, osservare le dinamiche delle correnti, padrone delle nomine dei Procuratori.

E Grillo, dopo aver ragionato, decide di esplodere: un nuovo Vaffa, clamoroso.

Diretto al Pd e alla magistratura controllata: volete mio figlio? Arrestate anche me. E al Movimento: volete restare sulle poltrone? Va bene Conte, ma il Garante della vostra Storia sono io. Non azzardatevi a lasciare il nome della mia famiglia sulla graticola.

Vi sembra una ricostruzione esagerata, troppo cinica, poco rispettosa della Magistratura? Ma i lettori del Giornale non possono dimenticare il trattamento persecutorio nei confronti di Silvio Berlusconi, ancora in atto e, a proposito dell'uso spietato di ostaggi, non dovrebbero neppure rimuovere la pressione giudiziaria che c'è stata sui suoi amici più cari. Adesso il Partito democratico e Giuseppe Conte proveranno a superare, ad andare avanti, archiviando l'episodio, ma non sarà facile, perché resta sulla scena anche Davide Casaleggio, deciso a dare asilo su Rousseau a quanti nel Movimento - Di Battista in testa - difendono i valori originali e, calcolando i flussi elettorali ridotti, pensano di avere più possibilità da soli che nel partito di Conte.

Non siamo arrivati all'ultimo atto, ma il primo tempo dell'avventura tra le Stelle si è concluso con poca luce e una disputa tra stupri presunti e liti finanziarie che getta ombre di antica memoria e che, nonostante gli sforzi di Goffredo Bettini, non entusiasma il Pd.

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