Cronache

Ricetta Falcone per la giustizia: carriere divise per giudici e pm

Il magistrato fu criticato quando chiese di dividere giudici e pm

Ricetta Falcone per la giustizia: carriere divise per giudici e pm

Una giustizia meno trafficona. E meno asservita alla logica delle correnti. Per questo anche un insospettabile come Giovanni Falcone predicava, nel deserto della sinistra, la separazione delle carriere. I pubblici ministeri da una parte, i giudici dall'altra. Questa divisione non avrebbe eliminato gli scandali, come quello delle nomine scoperchiato dall'inchiesta di Perugia, ma avrebbe quantomeno ridotto manovre e network obliqui. Come quelli disegnati da Luca Palamara, il pm che aveva tessuto intrecci in tutte le direzioni. Senza contare naturalmente che una simile riforma, oggetto di interminabili querelle, avrebbe riequilibrato i rapporti fra l'accusa e la difesa. Con gli avvocati che, per quanto abbiano recuperato terreno in questi anni di battaglie, sono virtualmente un gradino più in basso dei magistrati che conducono le indagini e chiedono le condanne degli imputati.

Falcone non aveva paura di pensare controcorrente. «Il giudice - scriveva - si staglia come figura neutrale, non coinvolta, al di sopra delle parti. Contraddice tutto ciò il fatto che, avendo formazione e carriere unificate, con destinazioni e ruoli intercambiabili, giudici e pm siano, in realtà, indistinguibili gli uni dagli altri. Chi, come me, richiede che siano, invece, due figure strutturalmente differenziate nelle competenze e nella carriera, viene bollato come nemico dell'indipendenza del magistrato, un nostalgico della discrezionalità dell'azione penale, desideroso di porre il pm sotto il controllo dell'esecutivo».

Sono più o meno le obiezioni formulate infinite volte dal campo progressista. I soliti sospetti, ripetuti in convegni e lenzuolate di giornale. Risultato: il cambiamento è sempre stato accolto con ostilità, non come una rivoluzione culturale per mettere sullo stesso piano pm e avvocato, ma piuttosto come una manovra di accerchiamento da parte del Palazzo. Il tentativo di mettere le mani sulla magistratura.

In realtà, come si evince dalle intercettazioni di Perugia, le tossine erano già penetrate in profondità sotto la toga. «Ricordo che Falcone - spiega Giacomo Caliendo, oggi senatore di Forza Italia, ma in passato magistrato e leader della corrente centrista di Unicost - intervenne per perorare la causa della separazione delle carriere e questo avvenne dopo l'introduzione del nuovo codice di procedura penale che desacralizzava il pm e importava nel nostro Paese il modello anglosassone».

In realtà la soluzione prospettata da Falcone e poi dal centrodestra è rimasta lettera morta anche se non tutto è «andato perduto». Con la riforma Castelli si è attuata la separazione delle funzioni che però non ha tagliato alla radice i nodi. «Per ridurre se non eliminare trame oblique e disegni egemonici - riprende Caliendo - ci vorrebbero due Csm. Ma l'unico Paese che li ha realizzati in concreto è il Portogallo, perché altrove si sono preferite soluzioni ibride e meno incisive. «E però il Csm dei pm portoghesi - nota con una punta di ironia Caliendo - è diventato a sua volta un centro di potere straordinario. Da quell'assise sono usciti quattro giudici della Consulta portoghese e un ministro della giustizia».

Soluzioni perfette non ne esistono. Si tratta di bilanciare i pro e i contro. «Nessuna legge - ammonisce Caliendo - può impedire del tutto lo spettacolo mortificante cui stiamo assistendo. Per cambiare davvero servono uomini sganciati dalle logiche di piccolo cabotaggio. Il grande Vittorio Bachelet, che era vicepresidente e mio collega al Csm nella seconda metà degli anni Settanta, spiegava sempre: Io non rappresento la Dc, ma il Parlamento».

Parole alte da cui ripartire per non affogare nelle cronache cupe e mediocri di queste ore.

Commenti