Cronache

Rocca delle Caminate, il faro di Benito Mussolini spento dalla burocrazia

Negli anni Trenta, la struttura era divenuta la residenza estiva del Duce Benito Mussolini. Oggi a bloccare l’utilizzo del faro è la burocrazia

Rocca delle Caminate, il faro di Benito Mussolini spento dalla burocrazia

Vietato riaccendere il faro di Rocca delle Caminate. La storica struttura, che si trova nel territorio comunale di Meldola in provincia di Forlì, è famosa per essere stata la residenza estiva di Benito Mussolini negli anni Trenta ma oggi non può illuminare l’orizzonte del territorio romagnolo.

I motivi, forse, non sarebbero di natura politica ma burocratica. Per far entrare di nuovo in funzione il faro, infatti, sarebbe necessario richiedere permessi a decine di enti.

Un tempo, la sua luce rischiarava il cielo notturno della Romagna e indicava la presenza del Duce nella struttura. Oggi le cose sono cambiate. “Ad una prima analisi l’insieme dei vincoli inerenti l’inquinamento luminoso, che gravano sul territorio investito dal fascio di luce, pare quasi insuperabile”, ha dichiarato Gabriele Fratto presidente piddino della Provincia di Forlì-Cesena, ente proprietario dell’immobile, che nel febbraio 2017 aveva deliberato la riaccensione.

Ricostruita intorno al Mille sulle rovine di un fortilizio romano, la Rocca delle Caminate è stata segnata da una storia ricca e travagliata. Nel 1870 fu semidistrutto da un terremoto e abbandonato per 50 anni. A ridargli vita fu proprio Benito Mussolini. La struttura fra il 1924 e il 1927 la Rocca fu restaurata con una sottoscrizione fra i romagnoli e donata al Duce come residenza estiva.

La Rocca è un luogo legato alla storia del Fascismo. Il 28 settembre 1943 qui si tenne, presieduto da un Mussolini da poco liberato dai tedeschi, il primo consiglio dei ministri della Repubblica Sociale Italiana. E sempre qui furono nominati i vertici del nuovo governo. Nel dopoguerra, l’imponente edificio cadde in disuso e abbandonato. La storica struttura rimase inutilizzata fino al 2011, quando la Provincia di Forlì-Cesena decise di ristrutturarlo con fondi regionali e propri per una cifra che superava i 4 milioni di euro, recuperando anche il faro.

Da anni si dibatte se riaccendere o no il faro. Il centrodestra locale è favorevole mentre contrario è il centrosinistra. Gli ostacoli da superare sono tanti. E praticamente tutti burocratici. La struttura oggi non ha una sorgente luminosa e, pertanto, è da classificare come “nuovo impianto di illuminazione”.

La legge e le disposizioni della giunta regionale, poi, fissano il divieto di usare fasci di luce fissi o roteanti per scopo pubblicitario. Non si può accendere il faro neanche per motivi turistici perché sono previste deroghe solo per funzioni di supporto alla navigazione.

Per riaccenderlo, inoltre, servirebbe il consenso di tutti i Comuni attraversati dal raggio luminoso che arriva a circa 60 km di distanza. Altri problemi: la luce avrebbe un impatto negativo sull’ecosistema e potrebbe creare “un ostacolo per la navigazione aerea”.

Anche l’ipotesi dell’utilizzo del faro solo in determinati giorni e orari è stata scartata perché questa opzione è consentita solo ad apparecchi provvisori. Quindi, a meno di clamorosi sviluppi, ninente si farà.

Solo qualche anno fa, destra e sinistra si trovarono d' accordo per riaccenderlo almeno 10 minuti a notte, a cominciare dai sindaci di Meldola e Predappio, paese natio del Duce Benito Mussolini. L'obiettivo era quello di aumentare l’afflusso turistico in zona.

La proposta scatenò un acceso dibattito in tutta Italia con parti favorevoli ed altre contrarie. L'idea non era piaciuta all'Anpi che, in sostanza, pretende come tutto ciò che sia in qualche modo legato al Fascismo debba cadere nell’oblio. E poco importa se il faro ha una storia più antica del Ventennio e può portare lo sviluppo del turismo.

In pratica, una luce che deve essere arrestata per apologia di Fascismo.

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