Cronache

Roma, massacra i figli in casa. Il racconto dei conoscenti: "Era cambiata, portava il velo"

I genitori dei compagni di scuola dei bambini uccisi dalla donna raccontano che la 42enne era cambiata dopo un viaggio fatto in Marocco

Roma, massacra i figli in casa. Il racconto dei conoscenti: "Era cambiata, portava il velo"

"Da qualche tempo la mamma di Moussef non era più la stessa. Era strana, veniva sempre a prendere i bambini a scuola, ma era diventata taciturna - e poi ancora - Non sorrideva e indossava il velo che prima non portava mai". Questo è il particolare che più è rimasto impresso nella mente dei genitori della scuola "Federico Di Donato", all’Esquilino a Roma. Non si parla d'altro in quel quartiere. Khadia El Kaftani, di 42 anni, ha accoltellato i suoi tre figli: Moussef di nove anni e le sorelline Rhim e Hiba di quattro e cinque anni. E solo quest'ultima si è salvata dalla donna, anche se versa in gravi condizioni all'ospedale Bambino Gesù.

I racconti dei genitori dei compagni del piccolo Moussef al Corriere della Sera sono più precisi e vertono tutti sul cambiamento della donna da un viaggio: "I genitori sono sempre stati normalissimi, mai pensato che avessero problemi. Ma le cose erano cambiate un anno fa dopo che la mamma dei tre bimbi era tornata da un viaggio in Marocco". Ed è proprio su questo punto che si stanno concentrando gli inquirenti che cercano di far luce, e dare delle motivazioni, alla strage. Vogliono cercare di capire se ci sia un effettivo collegamento tra il viaggio in Marocco e la carneficina in cui è rimasto ferito anche il marito, Idris, accoltellato all'addome sempre dalla donne in un litigio avvenuto poco prima. L'uomo, che fa il facchino da Mondo Convenienza, non sapeva nulla delle intenzioni della donna: "Come potevo immaginare che sarebbe finita in quel modo? Come potevo saperlo? Domenica notte ho litigato con mia moglie, lei ha preso un coltello dalla cucina e mi ha colpito. Perdevo sangue, non si fermava, così sono uscito di corsa per andare al pronto soccorso. Non potevo denunciarla, così ho inventato la storia che ero stato rapinato sotto casa. Non era vero, l’ho fatto solo per coprirla. Poi - aggiunge l'uomo che attualmente è ricoverato all'Ospedale San Giovanni di Roma - all’ora di pranzo ho provato a chiamarla sul telefonino, ma non rispondeva. Così ho chiesto a un amico se andava a controllare cosa fosse successo. Sono disperato, come potevo sapere".

"Non li abbiamo mai sentiti litigare", ha raccontato uno dei vicini.

"Ricordo quei poveri bambini che spesso passavano da me per gonfiare le gomme delle bici", ha invece detto Mataz, l'elettrauto che possiede l'officina proprio sotto la casa del massacro.

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