Cronache

Roma, il racconto choc: "In ospedale ho perso mio figlio e la dignità"

Il racconto ora per ora del calvario subito da una donna incinta in un noto ospedale di Roma

Roma, il racconto choc: "In ospedale ho perso mio figlio e la dignità"

Sedici ore di attesa. Ventiquattro senza mangiare né bere. La perdita del bambino e della dignità. Si riassume così la tragedia di una donna in un ospedale di Roma.

Sulle pagine di Repubblica.it, una giornalista ha raccontato ora per ora cosa ha dovuto subire all'ospedale Fatebenefratelli di Roma. La vicenda inizia la notte del 9 ottobre, quando la donna incinta va al pronto soccorso per alcune perdite. La ginecologa le comunica che il battito del bambino che porta in grembo non c'è più e che, non essendoci urgenza di fare il raschiamento, dovrà tornare alcuni gorni dopo: il 12 ottobre.

E qui inizia l'incubo nell'incubo. Come da prassi, smette di mangiare e di bere la sera prima e alle 7.15 del mattino va in ospedale. Quasi tre ore dopo il suo arrivo, alla giornalista viene comunicato che sarà portata nel reparto di ostetricia, ma che non ci sono letti disponibili, ma solo una barella su cui rimarrà per un'ora e mezza accanto a donne alle ultime fasi di gravidanza. Alle 12.30 le vengono consegnate le carte per il consenso all'operazione e poi un'altra visita ginecologica. Nel mezzo, niente acqua e cibo ma solo l'inserimento dell'ovulo e l'antibiotico.

Sono le quattro del pomeriggio quando iniziano le contrazioni e i conseguenti dolori, ma la luce ancora non si vede. "Purtroppo la sala operatoria è occupata - si sente dire dall'infermiera - Abbiamo altre urgenze. Posso farle una dose di morfina". All'inizio rifiuta, poi accetta. Sono quasi le otto di sera quando la donna viene finalmente portata in sala operatoria per eseguire il raschiamento. Il tutto si doveva risolvere coon un day hospital, ma così non è stato. E la giornalista riesce a lasciare l'ospedale solo a tarda notte. "Sedici ore di attesa in ospedale. Ventiquattro senza mangiare né bere - racconta - Non importa se vieni dal Sud e se pensi di aver già visto abbastanza, il punto sembra essere sempre quello: in Italia devi pagare o conoscere qualcuno per ricevere un trattamento umano. E non importa a nessuno se stai vivendo un dramma. Giovedì sera ho perso del tutto il mio piccolo compagno di viaggio di 2,4 cm e in quell'ospedale ho perso parte della mia dignità di donna e di madre.

Anche se solo in potenza".

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