Cronache

Ruslana Korshunova, le poesie maledette di una mannequin fragile e dannata

Era nata poverissima, ma aveva raggiunto le passerelle più luccicanti del mondo. Ad appena vent’anni era una delle top model più apprezzate della moda. Aveva tutto: bellezza, amore, ricchezza. E un demonio che la consumava dentro...

Ruslana Korhunova, scomparsa nel 2008 a soli 20 anni
Ruslana Korhunova, scomparsa nel 2008 a soli 20 anni

«Sento male, come se qualcuno avesse preso una parte di me, l'avesse strappata, calpestata e buttata via. Sogno di volare, ma il mio arcobaleno è così lontano... ». Sono le due e mezza di pomeriggio, Water Street, all'angolo con Wall Street, una zona elegante tra il distretto finanziario e l'area turistica di South Street Seaport, nel lembo sudorientale di Manhattan. Un'estate calda di New York che fa venire il mal di testa. «Ho sentito un botto improvviso, un rumore strano - dice un testimone - Mi sono girato: c’era il corpo di una ragazza sfracellato per terra».

È sabato, negli uffici non c’è nessuno, la strada è vuota, a parte quel corpo senza vita in mezzo alla strada. La polizia spiega che la vittima è una top model russa. Ruslana Korshunova. È precipitata dal suo monolocale del nono piano, uno dei pochi edifici residenziali della via, abitato da poca gente, spesso modelle che si danno il cambio l’una con l’altra. Sospettano sia un suicidio e così certificherà l’autopsia «Non ci sono segni di lotta, niente alcool, niente droghe. Niente di niente. Neanche un bigliettino di addio. Mancavano quattro giorni al suo ventunesimo compleanno: è caduta lontana nove metri dall’ingresso del palazzo». Nove metri? Ma questa non è una caduta, questo è un salto. Quasi un volo. Non s’è affacciata sul balconcino di casa lasciandosi cadere, ha fatto qualche passo indietro, ha preso la rincorsa ed è volata fuori. Come un angelo. In cerca forse di un arcobaleno troppo lontano.

Ci sono modelle e modelle. Ci sono i cloni androgini indefinibili e lunari, gli appendiabiti perfetti per le sfilate. E poi ci sono le Ruslana. Quelle che si distinguono. Le loro misure non sono perfette, la loro presenza in passerella è limitata, ma sono i loro volti che danno vita alle creazioni. Ruslana aveva posato per Versace, Christian Dior, Kenzo, Marc Jacobs, Vera Wang, era stata la copertina di Elle Paris e Vogue Russia, faceva parte della stessa agenzia di Kate Moss e Heidi Klum, ma era famosa per essere il viso di un profumo «magico e incantevole» firmato Nina Ricci. Nello spot Ruslana, con un abito da ballo rosa e gli occhi pieni di meraviglia, entra in una stanza fatata: si arrampica su un albero magico, in cima c’è una mela rosa luccicante. La prende. Non sa che a volte le mele nascondono un serpente.

Ruslana aveva tutto: bellezza, ricchezza, gioventù, amore. Perché avrebbe voluto morire? Al suicidio non crede nessuno. Non ci crede Kira Titeneva, la sua migliore amica, nata come lei ad Almaty, in Kazakistan: «Non si faceva di droghe, non beveva, lavorava sempre. Era appena tornata da Parigi, con un nuovo servizio da fare, era al settimo cielo. Abbiamo spettegolato al telefono, ridevamo come matte». Non ci crede il fidanzato Artem Perchenok, 24 anni, l’ultimo ad averla vista viva: «Amava troppo la vita per buttarla via, era affascinata dal futuro. La sera prima abbiamo guardato un film, era tranquilla. L'ho accompagnata a casa, ci siamo detti: ci vediamo domani». Il film era Ghost. Al Daily Telegraph dicono sia stata la mafia russa, la stessa che un anno dopo avrebbe ucciso Anastasia Drozdova, sua amica del cuore, modella come lei e come lei volata da un balcone. Sono loro, i padrini dell’Organizacija che controllano le modelle che vengono dal freddo. Forse qualcosa che non doveva dire, forse qualcosa che non doveva vedere. Ma il giornalista Peter Pomerantsev, che ha scritto un libro «Niente è vero e nulla è impossibile» e realizzato un documentario sul caso, ha un’altra ipotesi. Dice che Ruslana, ma anche Anastasia, erano entrate in una setta, «Rose of the World»: ufficialmente un corso di automiglioramento per persone in difficoltà, un incrocio tra una chiesa dell’uomo e gli alcolisti anonimi.

Ma sono decine le cause intentate dalle famiglie degli ex adepti per danni mentali. Nel palazzo gotico a nord di Mosca dove i Komsomol, la gioventù comunista, veniva inquadrata e indottrinata agli ideali del leninismo, tutto è studiato e organizzato, ieri come oggi, per resettare, a migliaia di rubli a botta, le menti di chi si iscrive e sospenderne il pensiero critico. Un posto dove confessare il peggio: stupri, genitori violenti, abusi infantili. Ruslana si era sfogata parlando del trauma per la morte del padre, delle sue storie d'amore fallite: ha pianto davanti a tutti e riso senza freni. Era diventata aggressiva come mai e molto più magra. Ma, giurano i suoi guru, «l'abbiamo guarita da qualsiasi problema potesse avere». Altri dicono invece che la setta funzioni come una droga. Appena esci e torni nel vuoto quelli più sensibili si rompono. E le ragazze che arrivano dall’ex Urss sono particolarmente fragili. Sei dei primi sette paesi al mondo per numero di suicidi tra le più giovani sono ex repubbliche sovietiche: la Russia è sesta, il Kazakistan secondo. Quando Ruslana torna a New York scrive: «Sono così persa, mi sento una strega: mi troverò mai?» Tre giorni dopo è un corpo sfracellato sul marciapiede.

Ma come c’è finita lì? C’è finita per colpa di Tatyana. Tatyana è una cacciatrice di modelle. Vede migliaia di ragazze all’anno, forse tre arriveranno in cima. Sta tornando a casa da un concorso di bellezza ad Almaty, un viaggio deludente, non ha visto ragazze degne di nota. Sfoglia una rivista sull’aereo, si ferma di colpo. C’è la foto di una ragazza. Sorprendente. L’immagine è un po’ kitsch: veste un abito tribale, un incrocio tra Lolita e Mowgli in una giungla di alberi di plastica. Ma lei è fantastica. Il suo sguardo blu è così potente e profondo che tutto, Tatyana, l'aereo, le nuvole, sembrano scivolarci dentro. Aveva visitato tutte le agenzie di modelle di Almaty: come poteva esserle sfuggita? Per forza: Ruslana non era una modella, ma l’amica di un’amica del direttore. Avevano scattato le foto per puro divertimento. Ruslana ha 16 anni, parla inglese e tedesco, sogna di studiare in un'università europea. Invece la chiamano per fare un casting a Londra.

La pubblicità di Nina Ricci porta Ruslana dal mondo delle aspiranti top alle migliori feste di New York, ai viaggi nell'isola privata di Jeffrey Epstein, nelle regge dei nuovi ricchi russi dove si innamora di uno dei magnati più belli di Mosca. Le amiche la avvisano: non innamorarti di lui. È bello ma senz’anima. Ma lei sogna il matrimonio, i figli, una casa, come una bambina visto che ancora un po’ lo è. Quando lui la lascia lei gli scrive messaggi che non trovano mai risposta. Fino a quando l’assistente del magnate le intima di non disturbarlo mai più. Scrive: «Te ne sei andato per sempre, lasciandomi in cambio un castello di sogni rosa e muri in rovina». Le chiamano le ragazze perdute, sono fiori nati nel deserto, splendide e fragili come vasi di cristallo. Vengono da famiglie poverissime, da case senza acqua e riscaldamento, da violenze segrete. Finiscono dall’oggi al domani in un mondo di lussi, cocaina, champagne, dissolutezze, quasi sempre sole, circondate da predatori. «A New York non è facile vivere tranquilla se sei bella, giovane e eccitante - dice alla Abc il fotografo Patrick McMullan - è dura avere vent’anni dover essere sempre all’altezza e trovare qualcuno che ti aiuti».

Molte vengono inghiottite. Ma non lei, non la ragazza dagli occhi verdi e la faccia da bambina, la Rapunzel dai capelli che non finiscono più: lei va a letto presto, manda i soldi alla famiglia, sogna il principe azzurro e scrive poesie: «L'amore è cieco, t’incendia il cuore. Non confondere l'amore col desiderio. L'amore è sole, il desiderio è solo carne. Il desiderio ti stordisce, l'amore ti dà forza».

Forse non c’era nessuno nel suo monolocale, ma mille mani l’hanno spinta giù dal balconcino. Scriveva: «La vita è breve: vìola le sue regole, perdona in fretta, bacia adagio, ama veramente, ridi. E non ti rattristare mai per ciò che ti ha dato felicità».

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