Cronache

Salviamo la notte prima degli esami

La maturità? Non sempre premia chi si è impegnato cinque anni. Getta nel panico migliaia di studenti ogni anno. Ma è un esame con la E maiuscola. E per questo deve rimanere

Salviamo la notte prima degli esami

Ma la maturità serve a qualcosa? È soltanto un rito da abolire? Un passaggio tutto sommato inutile, una banale formalità? Oppure ha senso. E deve rimanere a testimoniare la conclusione di un ciclo di studi durato cinque anni, l'inizio di un percorso nel mondo del lavoro o l'avvio verso l'università?

Se chiedete a me, abolire la maturità è una scemenza. Sia chiaro, anche io, come (credo) una buona percentuale di studenti, al quinto anno di superiori ho tirato fuori tutte le mie lagnanze e le migliori argomentazioni anti-maturità, senza riuscire a convincere il ministero ad annullare il tragico evento prima di giugno. Ritrovandomi comunque all'interno dell'inevitabile stereotipo dello studente maturando.

Lo studio, i ripassoni a notte fonda, inveendo contro le materie più ostiche. I pomeriggi a casa di un compagno per riprendere in mano qualche passo di Lucrezio. I mea culpa per quello che avrei dovuto fare nei mesi precedenti. E che avevo rimandato ogni volta. La consapevolezza che sarei arrivato comunque al fatidico giorno della prima prova sapendo troppo poco e meno di quanto mi si chiedeva. La speranza nel buon cuore della mia docente di lettere, di cui conservo ancora un ottimo ricordo. E di quella di inglese, che impietositasi ci aveva dato una mano non indifferente con la terza prova.

E poi i giorni della maturità, il caldo estivo, le buste con le tracce del tema, arrivate direttamente dalla Questura, scortate dal codazzo di carabinieri. Le prove scritte. E l'orale finale, accompagnato dalla immancabile tesina. E da amici e parenti che non intendevano perdersi lo spettacolo dell'amico-parente che si arrampicava sugli specchi nelle materie scientifiche. L'attesa del Voto, quello che ti segna e finisce su ogni documento universitario, libretto compreso. 

La maturità è importante. Non va abolita. Non perché avere o non avere il voto di maturità cambi qualcosa. Non cambia molto per chi continuerà a studiare. Posto che la propria università non consideri il voto criterio d'ammissione. Tanto meno cambia per chi comincerà a lavorare subito dopo. Ma è un Esame. Con la E maiuscola. Con i suoi riti pre, durante e post. Non è soltanto una costruzione romantica, condita di Venditti e Capotondi-Vaporidis.

È vero, non sempre il voto di maturità rispecchia la reale preparazione di uno studente. Capita di studiare cinque anni e non vedersi poi riconosciuto l'impegno, umiliati da un voto inferiore a quello che ci si sarebbe aspettati. Capita anche che chi ha studiato un po' meno si alzi sui pedali. E magari tenti la volata finale. Cerchi di portarsi a casa il "gran premio della montagna". Ma è importante che il voto di maturità rimanga. Perché è uno spartiacque che cambia davvero qualcosa. E che credo abbia senso mantenere.

Vogliamo abolire qualcosa? Allora aboliamo la tesi di laurea triennale.

Quella sì che, specie per chi continuerà con una specialistica o un master, ha davvero poco senso.

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