Cronache

Se anche la Chiesa tradisce le proprie radici

Certi parroci si svegliano dal torpore e si indignano perché in paese qualcuno prova a ricordare che una certa religione non ci appartiene e non ci va

Se anche la Chiesa tradisce le proprie radici

«Pontoglio. Paese a cultura Occidentale e di profonda tradizione Cristiana. Chi non intende rispettare la cultura e le tradizioni locali è invitato ad andarsene». Adesso dite voi cosa c'è di «cuore pieno di marciume» secondo l'omelia predicata da don Angelo Mosca, parroco di Pontoglio, in queste due frasi che il sindaco e il consiglio comunale di Pontoglio hanno apposto al cartello segnaletico del Comune bresciano.

L'Italia è piena di cartelli che non significano niente. Di sindaci e giunte comunali che si pregiano di aver raccomandato la scrittura, accanto al nome della località, di «Comune denuclearizzato». Oppure, tanto cari alle sinistre, di sindaci e giunte che dopo essersi presi per mano e aver fatto un bel girotondo, hanno stampato sotto il nome del loro paese e città l'inciso «Comune per la pace».

Chi ha mai avuto niente da dire su questi pensierini pettinati d'aria fritta e arcobaleno? Avete mai sentito preti e parroci lamentarsi di queste scritte, che niente aggiungono e niente tolgono al fatto che ti trovi a Gorgonzola piuttosto che a Oristano? E invece, proprio adesso che circolano per il mondo mattacchioni che vorrebbero sottometterci a una strumentalizzazione della religione che non prevede nessuna tolleranza né, tanto meno, misericordia, certi preti e certi parroci si svegliano dal torpore parrocchiale e si indignano perché in paese qualcuno prova a ricordare anche solo simbolicamente che questa idea di religione non ci appartiene, non ci va e perciò non sono i benvenuti coloro che la praticassero.

Si è visto ad esempio con il vescovo di Padova. Quello che volentieri, e pur se non richiesto, avrebbe rinunciato al presepe. Perché? Ma certo, perché «non dobbiamo presentarci pretendendo qualsiasi cosa che magari anche la nostra tradizione e la nostra cultura vedrebbe come ovvio. Se fosse necessario per mantenere la tranquillità e le relazioni fraterne tra di noi io non avrei paura a fare marcia indietro su tante nostre tradizioni». Al che uno si chiede, ma cosa sei diventato sacerdote a fare se pensi che le relazioni fraterne si mantengano rinunciando a quello che sei, alla tua fede e alle tue tradizioni, permettendo al prepotente le sue prepotenze?Nel suo piccolo, il parroco di Pontoglio va anche oltre l'assurda ritirata del porporato veneto. Il prete di Pontoglio legge il Corriere e la Repubblica, legge che questo cartello strilla «via i musulmani» invece che quello che, dalla prima elementare in avanti, ogni italiano non analfabeta può tranquillamente leggere sul cartello medesimo. E così, da chierico prepotente, con le spalle coperte dal fior fiore dell'inquisizione politicamente corretta (che legge fiaschi e scrive fischi), strepita dal pulpito, domenica 20 dicembre, proprio sotto Natale, dando del «marcio» interiore al sindaco e agli amministratori di un paese.

Picchia duro, il parroco di Pontoglio, dice che «il cristianesimo non è né tradizione né cultura. La religione non deve creare muri. Il nostro vescovo e il nostro Papa Francesco, con la Bibbia, ci insegnano che si debbono amare tutti gli uomini, da ovunque essi provengano». In aggiunta, non contento dell'invettiva dal pulpito, sollecita i ragazzi della parrocchia a una raccolta di firme per togliere il cartello.

Domanda: ma dove sarebbero i «muri» e il «marciume» in una scritta, magari ridondante, magari pleonastica, magari bizzarra, in una democrazia dove rispetto e buona creanza dovrebbero essere principi ovvi, normali, da far valereovunque e comunque, senza bisogno che siano scritti sui cartelli stradali? D'accordo, c'è retorica in quella segnaletica di Pontoglio. Ma, ripeto, perché non scandalizza nessuno il cartello «Comune per la pace» (quando non credo ci siano comuni sospettabili di essere «per la guerra») o del paesello «denuclearizzato» (quando il problema del nucleare non esiste in Italia), mentredovrebbe scandalizzare una scritta che raccomanda tolleranza, rispetto, senso civico, altrimenti «qui non siete i benvenuti»? Considerati i tempi di intolleranza e maleducazione diffusa, a noi sembra che siano principi che si dovrebbero raccomandare a lettere cubitali in ogni ambito educativo e istituzionale.

Bene perciò hanno fatto gli amministratori di Pontoglio a richiamare il loro parroco al puro e semplice esame letterale di quel cartello.

Difficile però che il nostro parroco intenda l'italiano. Uno che dice che il cristianesimo non è «né tradizione né cultura» non è soltanto lievemente analfabeta.

È proprio uno che ha sbagliato mestiere.

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