Politica

Se i populisti M5s prosciugano la fiducia nella politica

Se i populisti M5s prosciugano la fiducia nella politica

Nella Politica, Aristotele scrive che una comunità libera si fonda sulla fiducia, per questo i tiranni «fanno guerra agli uomini eccellenti» che «sono leali cogli altri e non tradiscono né se stessi né il prossimo». Purtroppo questo sentimento religioso (fiducia deriva da fides, fede) oggi è ovunque in frantumi e quasi nessuno si fida più del prossimo. Soprattutto dei politici. Fino a qualche decennio fa i sondaggi di opinione rilevavano un attaccamento degli elettori ai loro eletti, ma ormai assistiamo a un crollo verticale, anno dopo anno, della fiducia nella politica e nei suoi attori. Tanto è vero che il grande successo dei movimenti genericamente chiamati populisti (un termine che non vuol dire più nulla, ma che usiamo per comodità) origina soprattutto dalla sfiducia nei confronti delle élite e, tra queste, della classe politica.

Ovunque, di fronte alla ribellione delle masse contro i politici, percepiti come incapaci prima ancora che corrotti, gli elettori hanno deciso di «uscire», astenendosi o ricorrendo alla violenza, oppure di dare «voce» a quei soggetti che promettevano, in democrazia, di proporre una nuova politica, di cui tornare a nutrire fiducia. Nessun movimento negli ultimi anni più dei 5 stelle è cresciuto, e con tale rapidità, investendo sulla fiducia, denunciando la vecchia politica e promettendone una nuova nuova: era questo il cuore della proposta di Grillo e di Casaleggio Sr, ché tutto il resto, i programmi, era cangiante e mutabile. Ma al tempo stesso nessun movimento al mondo ha, con maggiore velocità, più dei 5 stelle, tradito queste parole d'ordine, cioè tradito la fiducia dei suoi stessi elettori. Tanto è vero, come spiega Alessandra Ghisleri in un'intervista apparsa sabato su queste colonne, dopo dieci anni di 5 stelle «la fiducia degli italiani nella politica non è cresciuta ma è diminuita», e oggi sono solo il 6% gli speranzosi. Un colpo durissimo lo ha certo inferto la spericolata manovra a U di quest'estate. In pochi giorni quello che per i 5 stelle costituiva, fin dalla fondazione, il regime, il Pd, l'incarnazione della casta, del malaffare, della corruzione, l'esempio della vecchia politica che aveva «ucciso l'Italia» il «partito di Bibbiano» (virgolettati dei 5 stelle) si è trasformato in un partner di governo. Quanti elettori dei 5 stelle, nel 2018 ma anche alle elezioni europee di quest'anno, li avrebbero scelti pensando che poi si sarebbero alleati con il nemico di sempre? E si badi che, diversamente dal contratto che legava i 5 stelle con la Lega, oggi la loro è un'alleanza politica con il Pd, come si è visto in Umbria. Quale fiducia continueranno a nutrire gli elettori 5 stelle nei confronti del loro gruppo dirigente? Scarsissima, supponiamo. La spregiudicatezza della manovra agostana sarà destinata a pesare a lungo, e negativamente, sull'opinione che gli italiani riservano alla politica: se il partito che si presentava come il più puro, il più votato alla coerenza, si è alleato con il suo principale nemico nel giro di una settimana, come si potrà tornare ad avere fiducia di qualcuno?

Un grosso problema anche per i partiti dell'attuale opposizione, di cui una maggioranza degli italiani sembra fidarsi un poco di più. Ma attenzione, si tratta di una fiducia molto scettica e, certamente, a tempo.

Quando Salvini, Meloni e Berlusconi torneranno al governo dovranno impegnarsi soprattutto per non tradirla, perché a quel punto, i cittadini non concederanno più alcun tempo supplementare.

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