L'articolo della domenica

Se il mondo libero ha perso la strada

I nostri valori non condivisi da chi arriva dai Paesi islamici e viene accolto

Se il mondo libero ha perso la strada

Un tempo eravamo orgogliosi di far parte della civiltà occidentale fondata sui diritti dell'uomo, sulla democrazia, sul rispetto della parola data, sulla morale dell'amore. Una civiltà frutto di un lungo processo che va dai filosofi greci ai giuristi romani, dal cristianesimo all'elaborazione filosofica politica, morale e giuridica dell'epoca moderna. Noi tutti sappiamo che questo progresso si è interrotto più volte (nelle guerre di religione, nella caccia alle streghe...) e che in certi periodi - con lo stalinismo e con il nazismo - abbiamo addirittura perso la strada. Ma c'è sempre stata una parte della società che ha resistito, che ha lottato e che ha vinto, rigenerando il cuore vivente della nostra civiltà.È solo grazie ai valori fondanti della nostra civiltà che noi possiamo giudicare negativamente la schiavitù, gli spettacoli dei gladiatori dell'epoca romana, i massacri di Tamerlano, le conversioni forzate, lo sterminio degli armeni e degli ebrei, l'uccisione dei soldati che si arrendono, la legge del taglione, le torture e l'infibulazione. Per molto tempo abbiamo ritenuto che il modo di pensare occidentale sarebbe stato accettato anche dagli altri popoli e infatti questo è avvenuto un po' ovunque, tranne che nel mondo islamico. Il quale invece ha adottato la tecnologia occidentale, ma rifiutandone il diritto e l'etica. Nel Pakistan, in Egitto, nella ricca Arabia Saudita, nel moderno Qatar come nella repubblica iraniana, le scuole di diritto insegnano la sharia araba del VII secolo diventata eterna nel Corano increato. E fra i grattacieli più alti del mondo e i più lussuosi alberghi si applica una legge fatta di decapitazioni per blasfemia, di frustate e mutilazioni, mentre milioni di giovani imparano nelle madrasse i doveri del jihad.

E noi siamo alleati, commerciamo con questi Paesi, cerchiamo i loro finanziamenti, Non vediamo nemmeno più la loro diversità, consideriamo naturali i loro comportamenti e perciò sottovalutiamo anche i problemi di integrazione che avranno i loro membri emigrando in un Paese di civiltà occidentale.

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