Cronache

"Se lo scarcerano lo faccio a pezzi". Quell'ira umana da mamma sconvolta

"Se lo scarcerano lo faccio a pezzi". Quell'ira umana da mamma sconvolta

«O la legge lo tiene dentro o lo faccio a pezzi come lui ha spezzato la gamba di Thiago. Rimpiangerà il giorno in cui è venuto al mondo». Sono parole dure quelle della mamma del bimbo di 14 mesi che ha perso una gamba a causa di un camionista ubriaco. Parole che ho sentito molte volte dalle vittime e dai loro familiari. Troppo spesso vedono impuniti coloro che hanno distrutto le loro esistenze. Mi viene in mente un'altra madre, Croce Castiglia. Suo figlio Matteo La Nasa è morto dopo 16 mesi di coma vegetativo causato da un folle che usava la strada come una pista da corsa. Anche Matteo, come Thiago, è stato colpito mentre era seduto all'aperto. Nel 2102, a una manifestazione per chiedere giustizia per le vittime della strada, anche Croce ha detto parole che impongono una profonda riflessione morale a chi fa e applica le leggi: «Se do un calcio a un cane mi faccio 18 mesi di galera, minimo. Allora io lo dico con tutto il cuore, voglio che mio figlio venga trattato come un cane!». Da allora qualcosa è cambiato. Oggi chi provoca lesioni gravissime con violazione delle norme stradali e sotto l'effetto di alcol, in carcere ci va. Il camionista è stato arrestato. Ma deve essere chiaro a tutti - a lui per primo - che il vero «arresto» è quello delle esistenze stravolte per sempre dalle sue azioni. La rabbia dei genitori del bambino è inevitabile. E non cesserà, né resterà isolata se la pena per chi ha cambiato il corso delle loro vite non sarà adeguata (se mai potrà esserlo) alla grandezza del bene leso. George Orwell diceva che la vendetta è un atto che si desidera compiere quando si è impotenti e perché si è impotenti: non appena il senso d'impotenza scompare se ne va anche il desiderio di vendetta. Come scompare quel senso d'impotenza? Non si devono più sentire frasi come: «Si tratta di un incensurato e può ritenersi che in futuro si asterrà dal commettere reati». Contenuta nella sentenza per la morte di Antonello Zara, ucciso nel 2008 da un suo coetaneo condannato a un anno di reclusione con pena sospesa e a pagare una multa di 231 euro. In quel fascicolo il solo per cui si abbia riguardo nonostante la «negligenza, imprudenza, imperizia, violazione di leggi e regolamenti» è il colpevole. Come può non crescere una rabbia prorompente? I beni «vita» e «salute» vengono prima del bene «libertà». Così come le vittime dovrebbero venire prima, per quanto riguarda le tutele. Per i rei lo Stato prevede garanti, accompagnamenti, ogni tipo di attività che permetta loro di ricominciare, una volta espiata la condanna. Forse è giunto il momento che ciò accada anche per chi è capitato sulla loro strada. Cominciamo dal Garante nazionale per le vittime, una delle battaglie che portiamo avanti con L'Osservatorio nazionale sostegno vittime.

Partendo da qui: eliminare il senso d'impotenza.

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