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Se lo Stato chiude gli occhi sulla cataratta

Nella manovra finanziaria c'è una tabella, quella dei contributi per le prestazioni sanitarie, che preoccupa non poco quel 32% di italiani che ha già superato i sessanta anni e che ha la vista annebbiata

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Nella manovra finanziaria c'è una tabella, quella dei contributi per le prestazioni sanitarie, che preoccupa non poco quel 32% di italiani che ha già superato i sessanta anni e che ha la vista annebbiata. Una voce che gira ed è confermata dagli operatori del settore, cioè gli oculisti. Per far quadrare i conti della redistribuzione dei fondi della sanità il finanziamento di un'operazione che in questi anni va per la maggiore è stato ridotto al punto da non essere più economicamente vantaggioso per gli enti ospedalieri: si tratta dell'intervento alla cataratta.

In altre parole gli ospedali su questa operazione con le nuove tabelle andrebbero in pareggio semprechè addirittura non ci rimettano, per cui preferiscono investire su altre operazioni più proficue per le entrate, tipo le protesi all'anca e via dicendo. La conseguenza è che i direttori delle strutture sanitarie non dicono di «no» ma tergiversano sulle richieste di interventi alla cataratta. Per cui le liste di attesa si allungano all'infinito, il che equivale nel tempo ad un «rifiuto».

Così il paziente è posto di fronte ad un bivio: o fa fronte al costo dell'intervento da solo e si parla, a seconda del caso, di duemila, tremila, quattromila euro; o ne fa a meno e si rassegna a diventare un ipovedente, accollando - argomento che non va sottovalutato - ulteriori costi alla società.

Ora tenendo conto che l'operazione alla cataratta è l'intervento più eseguito in chirurgia e che gli ultrasessantenni ormai rappresentano più di un terzo del totale della popolazione italiana, è quantomai prevedibile che la decisione avrà un forte impatto sociale e conseguentemente politico. Anche perché in questi anni il darsi una ripulita al cristallino dell'occhio è diventato una sorta di tagliando anagrafico a cui si sottopone buona parte degli anziani di questo Paese. Rendere l'operazione più difficoltosa se non impossibile, quindi, può avere diverse ricadute. Tanto più che gli operatori del settore vedono in questa politica il segnale di un processo più profondo. «L'oculistica, piano piano - osserva Francesco Bandello, professore e presidente del dipartimento oftalmico dell'ospedale San Raffaele di Milano - sta uscendo dalle prestazioni della sanità pubblica, sta diventando come l'odontoiatria. Il problema è drammatico e non a nulla a che vedere con la polemica politica».

Non si tratta, quindi, di una critica al governo che ha dovuto far quadrare i conti di un bilancio stretto, ma del rischio sociale che interviene su un tema che qualcuno potrebbe considerare banale, visto che non parliamo di una di quelle prestazioni che vanno sotto il nome «salva vita».

Solo che, appunto, spesso vicende con grande impatto sociale rischiano di avere conseguenze, nel bene e nel male, anche sul consenso. Dovrebbe saperlo soprattutto una coalizione che ha visto in passato il suo fondatore, Silvio Berlusconi, risalire nei sondaggi e nel voto nelle urne con una campagna elettorale improntata anche su argomenti simili. Proprio nelle elezioni europee del 2014, il Cav andò al voto promettendo un intervento del governo per garantire le protesi dentarie a chi ne avesse avuto bisogno e Forza Italia si adoperò per trovare un'intesa con le categorie dei dentisti. Anche allora l'elettorato di riferimento furono gli anziani e lo slogan fu «dentiere gratis per tutti». Con quell'operazione Berlusconi portò a casa il 17%, più del doppio di quello che gli azzurri hanno preso nelle ultime politiche. Sono passati dieci anni e fatalmente ora dalle dentiere siamo passati alle cataratte.

Il Cav docet.

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