Cronache

La Segre finisce sotto scorta Italia umiliata dai cretini

La Segre finisce sotto scorta Italia umiliata dai cretini

È come tornare sul famigerato binario 21, quello da cui partì bambina nel gennaio '44 alla volta di Auschwitz. Liliana Segre sotto scorta è un incubo, il passato che afferra il presente, il rigurgito fuori dal tempo dei fantasmi della storia. C'è da rimanere costernati alla notizia che la senatrice a vita debba essere protetta da polizia e carabinieri, come capita ai collaboratori di giustizia passati dall'altra parte della barricata.

Ma lei, questa signora di 89 anni, una scheggia acuminata e mai banale della nostra memoria, non è un pentito, non ha alcun precedente e nessuna colpa: rappresenta invece un punto di riferimento per la nostra civiltà, una bussola e uno specchio in cui riflettersi quando intorno scende la notte, come capitò quando lei e la sua famiglia furono caricati su quel treno e avviati verso l'Olocausto.

Ci si chiede come sia possibile che una minoranza sparuta, vogliamo sperare poche decine di facinorosi trascinati dalla follia di un'ideologia pietrificata come un fossile e dai gorghi rabbiosi della rete, costringa le istituzioni a intervenire. E a difendere chi è oggetto di minacce, insulti, striscioni deliranti, come è successo a Milano, commenti irriferibili. Chi da anni e anni aiuta a decifrare i tornanti scivolosi del Novecento e a sciogliere i nodi dell'odio è obbligata a rintanarsi fra gli uomini in divisa per evitare guai peggiori.

Intendiamoci: non abbiamo cambiato idea sulla cosiddetta Commissione Segre. Lì il punto non era la biografia luminosa della senatrice a vita ma le tavole dell'eticamente corretto, imposte a destra e sinistra, sempre che in Italia una Commissione possa servire a qualcosa, secondo i canoni autoreferenziali di certa nostra intellighenzia. E ben oltre i confini sacrosanti di una doverosa guerra alla piaga dell'antisemitismo.

Forse, si è creato un equivoco sul punto o qualcuno ha voluto strumentalizzare divisioni che dispiacciono e invece fanno parte della dialettica politica.

Ma dissentire su capitoli a nostro parere mal scritti o, peggio, ispirati alla melassa dolciastra del pensiero più in voga, non vuol dire non avere a cuore e anzi buttare a mare le fondamenta del nostro vivere, della nostra democrazia, del nostro sventurato ma civilissimo Paese. Il bene comune, troppo spesso evocato a sproposito.

Chi attacca Liliana Segre mette in pericolo tutti noi e capovolge il mondo in cui crediamo e viviamo.

Per questo abbracciamo la senatrice in un giorno di sofferenza per tutti noi e per chiunque abbia anche solo un barlume di coscienza.

Commenti