Cronache

"Sequestrati migliaia di esemplari". Allerta per focolai di aviaria in Italia

Dal Lazio al Veronese si moltiplicano i casi di infezione da virus H5N1 negli allevamenti avicoli. "Zona rossa" di 10 chilometri attorno ad un allevamento di Ostia Antica. Ma l'assessore D'Amato rassicura: "Situazione sotto controllo"

"Sequestrati migliaia di esemplari". Allerta per focolai di aviaria in Italia

La zona rossa nel Lazio, il sequestro di decine di migliaia di tacchini in Emilia Romagna, i focolai nel Veronese. Preoccupa la diffusione dell’influenza aviaria negli allevamenti avicoli di mezza Italia. Ad Ostia Antica, come racconta Il Messaggero, sono morte cinquanta galline in due giorni. È stato il proprietario di un allevamento nella zona di via Pianabella a dare l’allarme all’inizio di novembre, dopo aver assistito ai decessi improvvisi di decine di animali.

Rolando, questo il nome del titolare, ha allertato l’istituto zooprofilattico che ha riscontrato la presenza del virus nelle carcasse. La Regione è intervenuta subito, disponendo una zona di protezione con raggio di dieci chilometri e di tre dall’allevamento sede del focolaio. "Sono stati inoltre allertati tutti i servizi veterinari delle Asl e le Aree naturali protette costituendo una task-force, assieme all'Istituto Zooprofilattico di Lazio e Toscana, per verificare eventuali segnalazioni di casi sospetti tra volatili selvatici o animali da allevamento", ha fatto sapere l’assessore alla Sanità del Lazio, Alessio D'Amato, per un totale di 35 allevamenti coinvolti.

Sono 50mila invece, gli esemplari sequestrati a scopo precauzionale a Lagosanto, in provincia di Ferrara, per un altro focolaio del virus AH5N1 nella sede di una società che fa parte del gruppo Amadori. L’allevamento è stato isolato anche se le autorità sanitarie hanno riscontrato la "bassa patogenicità" e la situazione, secondo quanto riferito dall’azienda all’Agi, sarebbe sotto controllo. Un mese fa a Codigoro, in provincia di Ferrara, per lo stesso motivo erano stati abbattuti 38mila animali.

La paura si diffonde anche nel Veronese dove sarebbero 19, secondo il ministero della Salute gli allevamenti di tacchini, boiler e galline ovaiole, in cui sono stati riscontrati casi di positività per virus influenzale H5N1 ad alta patogenicità. L’allerta è alta pure nella zona della Bassa Padovana, dove fra i comuni di Montagnana e Urbana sono stati messi sotto sorveglianza altri otto allevamenti. La situazione è sotto controllo. Ma gli imprenditori sono preoccupati.

Il virus arrivato dalla Cina

Il titolare di un’azienda poco distante dalla "zona rossa" di Ostia Antica, intervistato dal Messaggero, parla di "catastrofe". Il blocco delle macellazioni con l’avvicinarsi delle festività natalizie viene considerato una vera e propria sciagura, con ripercussioni non indifferenti dal punto di vista economico in piena ripresa post-pandemia. Secondo il titolare dell’allevamento di Ostia il virus sarebbe arrivato dalla Cina, trasportato dalle ali dei Germani reali.

Guido Grilli, docente di Patologia aviare alla Facoltà di Veterinaria dell'Università degli Studi di Milano, intervistato dall’Adnkronos Salute, conferma che il ceppo dell'influenza aviaria "arriva con il flusso degli uccelli migratori". E l’Italia, sottolinea l’esperto, è una sorta di "autostrada" delle migrazioni. Insomma, se è vero che casi di questo tipo ci sono sempre stati, oggi ad aggravare il fenomeno ci sono i cambiamenti climatici che conducono sul nostro territorio specie sempre nuove.

La protesta degli animalisti

Tuttavia Grilli puntualizza come non ci sia stato negli anni "un aumento di questi focolai di influenza nella popolazione aviaria". "Se si sente più spesso parlare di casi simili – ha spiegato - è perché ormai da 20 anni siamo molto più attenti quando osserviamo delle mortalità anomale fra gli uccelli". Gli animalisti, però, puntano il dito contro gli allevamenti intensivi e invocano un "cambiamento totale dell'approccio" verso lo "sfruttamento degli animali coinvolti nelle filiere alimentari di tutto il mondo". "Densità altissime, debolezza immunitaria causata da una selezione genetica orientata unicamente al profitto e condizioni di non-vita all'interno di capannoni creano le condizioni perfette per il contagio tra animali e l'insorgenza di zoonosi", ha spiegato Lorenza Bianchi, responsabile Lav area Animali negli Allevamenti.

I rischi per l'uomo

Il salto di specie dall’animale all’uomo, come si ipotizza possa essere avvenuto per il Covid, è un’eventualità abbastanza rara nel caso del virus H5N1. E questo anche grazie alle misure di sicurezza adottate negli allevamenti. "Non è semplice per questo virus colpire l'uomo", spiega lo stesso veterinario. Il virus, infatti, afferma Grilli, può modificarsi "solo se c'è un passaggio in un altro animale". "Noi – ha spiegato - abbiamo pochissimi recettori per il virus dell'influenza aviaria e ce li abbiamo solo a livello polmonare. Perciò il virus deve essere respirato in grandi quantità e riuscire ad arrivare direttamente negli alveoli, perché se si ferma prima non attecchisce".

Quando il ceppo si trasmette all’uomo, però, mette in guardia Massimo Andreoni, primario di Infettivologia al Policlinico Tor Vergata di Roma e direttore scientifico della Società italiana di malattie infettive e tropicali (Simit), sentito dalla stessa agenzia di stampa, la letalità è "estremamente alta". "Per fortuna – rassicura l’infettivologo - fino ad oggi non ci sono mai stati passaggi interumani, da uomo a uomo, il virus si è trasmesso alle persone sempre per contatto diretto con l'animale malato".

"Essendo patogeni estremamente letali per l'essere umano, - ha avvertito - evidentemente bisogna fare di tutto per scongiurare che avvenga questa ulteriore acquisizione da parte del virus" proprio attraverso il monitoraggio della diffusione dell’infezione tra i volatili.

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